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La nuova morte – quarta parte

Nei capitoli precedenti abbiamo affrontato le nuove forme di rappresentazione della morte in produzioni di popular culture di ampia diffusione. In questa affronteremo un’altra modalità di rappresentazione che si è diffusa anch’essa in produzioni di vario tipo. (serie di romanzi, serie televisive e film). Si tratta dei révenants, alla francese, dei ritornanti, morti che tornano alla vita apparendo all’improvviso fra i vivi che li ricordano ancora, ma che li riconoscono come morti; questi ritornanti tentano di reinserirsi nella vita familiare precedente. Un esempio notevole dell’ultimo decennio è la serie i Révenants (2012-2015) – tratto da un film del 2004, nella quale un giovane, che si è suicidato il giorno del suo matrimonio per ragioni mai chiarite, è il primo a tornare a casa sua, in un isolato paesino francese minacciato dall’acqua di una diga. Altri tornano dopo di lui, compreso un bambino, una madre di famiglia, un gruppo di persone morte in un incidente.

I morti melanconici: i ritornanti

Non c’è risposta facile al loro ritorno, non c’è senso: sembra che vogliano risolvere qualcosa che hanno lasciato indietro – c’è sempre qualcuno che li ha aspettati, qualcosa che non hanno concluso – ma la risoluzione avviene soltanto alla fine della seconda stagione. Questi “ritornati” assomigliano alle ombre dei morti dell’età classica, con la differenza che sono vivi, in carne e ossa. E mangiano. Il tutto accade in un contesto totalmente laico, quando qualcuno cerca risposte religiose viene ridicolizzato. Queste serie mettono in scena, letteralmente, una sorta di insensatezza della morte che mai si colloca dentro un piano teologico. Chi ha una visione religiosa della vita e della morte (la madre della prima apparsa, Camille) la abbandona dopo un primo stupore che viene risolto anche troppo velocemente. “Cosa si fa, dottore”, chiede il padre della ragazza tornata a un dottore che è venuto a vederla. “Non lo so, non ci sono precedenti”, replica lui. “O almeno uno ci sarebbe ma non vale nemmeno parlarne”. “Hai ragione, non ne vale la pena. Quello serbalo per Claire”.

La riapparizione dei morti causa un cortocircuito nelle varie visioni del mondo. È improvvisa, annunciata soltanto dal volo di una farfalla fermata da spilli e inserita in una vetrinetta. Quando questa vola, i morti ritornano. E i primi hanno soprattutto una gran fame, la prima cosa che fanno è aprire il frigorifero per farsi un panino o cucinarsi qualcosa. Non sanno di essere “resuscitati”.

È stato giustamente notato che i primi morti che tornano datano lo stesso anno della tragedia del Vajont che ispirò il romanzo e il film originale. Il rimando c’è: il villaggio alpino in cui vivono coloro che sopportano il ritorno dei révenants è recente perché 35 anni prima dell’inizio della storia centinaia di persone dello stesso villaggio erano perite nel crollo di una diga. Il villaggio originale è sommerso e si trova vicino a quello nuovo. Anzi, l’acqua del lago alpino lentamente sta risalendo da profondità abissali, alcune strade finiscono sott’acqua e il villaggio si divide in due. Questo pone una continuità simbolica fra quei morti – che sono tutti identificabili, hanno nome, cognome e una biografia che viene ricordata – e i vivi. Ma questi morti credono di essere ancora vivi, sono smemorati come le ombre dell’Ade, sono inquietanti, perturbanti. Una stessa, livida, luce avvolge tutti. I vivi e i morti ad un certo punto si separano in due parti della città divisa dagli allagamenti. Alla fine della serie viene data una sorta di spiegazione che non spiega, e i morti comunque se ne tornano negli abissi da cui sono venuti.

Di questa serie è stato fatto un adattamento americano, The Returned (2015), piuttosto simile all’originale anche se meno inquietante. In The Glitch (2015-2019) i morti tornano letteralmente dalla tomba, dove non si sono consumati. Scavano in una notte, prima uno, poi l’altro e tornano. Sono qualche decina e arrivano da tempi diversi. C’è il fondatore della cittadina mineraria australiana dove la serie è ambientata, c’è una moglie morta giovane, ci sono bambini, donne morte da 40 o 50 anni. La memoria torna loro poco a poco. Una donna italiana torna in vita, ma non sua figlia. Ed è lei che a un certo punto, dopo essere entrata in una chiesa e aver detto al prete di essere resuscitata come Lazzaro, non viene creduta. Dopo aver pianto per la sua condizione si chiede se quello che sta vivendo non sia in realtà l’inferno. Non viene data una spiegazione per questo fenomeno. La serie inizia come un horror classico, come i film di Romero, con i morti che scavano ed escono nudi, ma poi vengono ripuliti e si rivelano del tutto simili a come erano, guariti dalle loro malattie. Mangiano, dormono poco ma sembrano del tutto normali. La loro unica limitazione: non possono uscire dal villaggio. Le prime due stagioni vengono lasciate senza una spiegazione anche se si allude alla possibilità che possa essere responsabile un’azienda farmaceutica. Una nuova stagione è in distribuzione fra il 2019 e 2020.

[Leggi la prima parte]

[Leggi la seconda parte]

[Leggi la terza parte]


Mario Arturo Iannaccone

Mario Arturo Iannaccone

Mario Arturo Iannaccone si è laureato in Lettere all’Università degli Studi di Milano, specializzandosi in Storia del Rinascimento. È romanziere e saggista. Insegna Scrittura Creativa all’Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia. Ricercatore storico e studioso di storia dell’immaginario e delle idee, ha pubblicato molti libri e centinaia di articoli, collaborando con mensili, settimanali e quotidiani.

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