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Le frontiere di Cormac McCarthy

Cormac McCarthy
Cormac McCarthy

Cormac McCarthy è uno di quegli scrittori che, nonostante i riconoscimenti ottenuti, rimangono lontani, e quasi ostili, agli ambienti letterari. Per cui la scrittura è una pratica viscerale, lo stile un’ascesi radicale. Anche se ha sempre perseguito con totale determinazione la sua vocazione letteraria (a costo di vivere in baracche e di rinunciare alle minime comodità di vita per lunghi anni) è tra coloro che non amano spiegare i loro libri in interviste e tanto meno commentare la vita politica o sociale del loro tempo. Non direttamente, perlomeno. Si è legato in amicizia a scrittori «survivalist» e apocalittici, a scienziati e naturalisti. Non a scrittori e tantomeno a critici. Pur essendo considerato uno dei più grandi scrittori viventi di lingua inglese ha concesso pochissimo agli aspetti più mondani del successo restando fedele alla sua immagine di misantropo isolato e solitario.

Charles “Cormac” McCarthy è nato nel 1933, da una famiglia facoltosa, in quella che al tempo era una delle città più povere degli USA, centro dell’immigrazione italiana e irlandese: Providence, Rhode Island. Ultimo di sei tra fratelli e sorelle, figlio di Gladys C. McGrail e del brillante avvocato Charles J. McCarthy. Nel 1937 la famiglia si trasferì a Knoxville, nel sud industriale e minerario, sui monti antichi, gli Appalachi. Lì visse in una grande casa, con giardino e domestici, nelle campagne rigogliose del Tennessee. S’iscrisse all’University of Tennessee e iniziò a frequentare il mondo degli artisti di Knoxville, città di poco più di 100.000 abitanti ma abitata da una piccola bohème di universitari e professori. Erano la versione provinciale dei Beat anche se McCarthy non si ritenne mai parte di quella corrente. Servì nell’Esercito dal 1953 al 1957, quasi sempre di stanza in Alaska, dove fece il meccanico; anni in cui lesse moltissimo per vincere il tedio delle lunghe giornate. Alla campagna del Tennessee e alla passione per la meccanica si deve quel singolare senso di concretezza, quella felicità manuale che, volta al bene o al male che sia, sarà una caratteristica dei suoi personaggi. Varcata nuovamente la soglia dell’Università per studiare letteratura, vinse per due volte l’Ingram-Merrill Award (nel 1959 e nel 1960) per i racconti brevi ma lascerà gli studi per trasferirsi a Chicago dove trova lavoro come meccanico. Conosciuta Lee Holleween (1939-2009) la sposa e con lei torna in Tennessee. Dal loro matrimonio nacque un figlio, Cullen McCarthy (1962).1 Intanto, il padre, avvocato importante della Tennessee Valley Authority, aveva fondato un importante studio legale a Washington.

La Trilogia della frontiera
è il capolavoro di Cormac McCarthy

Nel frattempo McCarthy aveva iniziato a scrivere con continuità. Mai dubitò delle proprie capacità: «Sapevo che potevo scrivere. Dovevo soltanto capire come mangiare mentre scrivevo». Il suo primo romanzo, pubblicato dalla Random House, è Il guardiano del frutteto (The Orchard Keeper, 1965). Fu salutato come un buon esempio di Southern Gothic: storia cruda, gotica, del Sud arretrato. L’editor Robert Erskine (già editor e amico di Faulkner) aveva trovato in McCarthy qualità inusuali giacché il suo stile, sosteneva, «deve molto a Faulkner nel suo vocabolario arcaico, la punteggiatura, la retorica del meraviglioso, l’uso del dialetto e la concretezza della parola».2 I suoi modelli erano sì Faulkner ma anche Dostojevsky e soprattutto Melville, scrittori «di vita» contrapposti agli scrittori «che non hanno a che fare con la vita», tra i quali inseriva Henry James e Marcel Proust (ma a James dovrà anche parte della sua tecnica di scrittore).3 Nel 1965 ricevette un Rockefeller Foundation Grant e l’American Academy of Arts and Letters che gli consentirono di viaggiare in Europa e dedicare due anni alla scrittura.

Visitò così l’Irlanda, terra dei suoi avi, e Blarney Castle edificata da un Re Cormac McCarthy, del quale volle assumere il nome (in gaelico Cormac significa figlio di Charles). In Irlanda incontrò la cantante inglese Anne DeLisle, che sposò nel 1966 dopo aver ottenuto il divorzio da Lee. E, secondo l’opinione delle sue ex mogli, McCarthy non ha mai cercato un lavoro stabile e la sua sopravvivenza si deve al contributo di fondazioni. Dopo il divorzio dalla Holleween, non pagò mai gli alimenti a lei e al figlio Cullen perché poteva dimostrare di non avere entrate: «Con cosa avrei potuto farlo?». A Bob Woodward raccontò di essere stato sfrattato da una casa in affitto dove aveva vissuto per qualche tempo, per non aver pagato 40 dollari. Si trasferì poi ad Ibiza dove scrisse il secondo romanzo, Il buio fuori (Outer Dark, 1968). Secondo la DeLisle, al tempo i due vivevano in «totale povertà». Per otto anni (dal 1966 al 1974 circa) i due vissero in un edificio collegato ad una fattoria, una specie di capanno. Non avevano acqua corrente, si lavavano in un vicino lago e mangiavano per lo più fagioli.4 In questo, sin dagli anni Cinquanta, McCarthy sembra aver condiviso lo stile di vita dei Beat.

Cormac McCarthy

Nel 1969, i McCarthy si trasferirono a Louisville, Tennessee, dove Cormac scrisse il terzo romanzo, Figlio di Dio (Child of God, 1973), storia aspra e insieme onirica di un reietto. Grazie a questo libro cominciò a godere di un successo perlomeno locale. Venne chiamato a presentare i suoi libri ma più volte rifiutò dicendo che tutto quello che aveva da dire era già stato detto sulla pagina. Eppure, talvolta si trattava di conferenze pagate anche 2000 dollari. Le cifre ricevute dalle varie fondazioni (anche la William Faulkner Foundation), assieme ai proventi delle vendite dei due primi romanzi, furono tra le magre entrate dei McCarthy almeno sino al 1974. Intanto la critica cominciava ad interessarsi di lui grazie ad un apprezzamento di Robert Coles apparso su «The New Yorker» e alla sceneggiatura del film TV Il guardiano del frutteto (The Gardener’s Son 1974), che gli permise di ricevere la più consistente entrata economica del decennio.

Nel 1976, una crisi coniugale portò la seconda moglie ad allontanarsi da McCarthy. Lui si trasferì a El Paso, Texas, e si mise a scrivere un romanzo ambizioso per stile e costruzione, Suttree (idem, 1979), opera scritta e riscritta per 20 anni con elementi autobiografici ispirati ai trascorsi a Knoxville, quando frequentava un gruppo di artisti squattrinati. Suttree è un romanzo dalla prosa elaborata e dalla struttura complessa, molto diverso dai primi lavori; obbliga il lettore ad uno sforzo costante di ricostruzione della narrazione. La foto che compare sul retro del libro mostra un McCarthy quarantenne ritratto con lo sfondo del principale ponte della città. Questa Knoxville alle spalle ha un valore simbolico. La prima parte della sua carriera ne fa un esponente del Southern Gothic, il romanzo nero ambientato nel Sud degli Stati Uniti, in zone rurali, isolate e montagnose. Le trame comprendono spesso la violenza estrema, l’abiezione e la descrizione di atti efferati. Per questa vicinanza tematica al Southern Gothic — Flannery O’Connor per esempio — i critici lo consideravano quasi uno scrittore regionalista.

Nel 1982, lo scrittore comperò un piccolo cottage a El Paso vicino al bordo di cemento del fiume. L’abitazione non era conclusa, mancavano le pareti (a causa della penuria di soldi) e McCarthy si arrangiò con tavole e lamiere per renderla abitabile. Lì scrisse Meridiano di Sangue(Blood Meridian, or the Evening Redness in the West), che uscì nel 1985, primo fra i suoi lavori ad ottenere successo di pubblico e critica.5Da questo momento, infatti, si fece notare. La sua prosa si era fatta ancora più immaginifica di quella di Suttree e certe caratteristiche formali si erano stabilizzate. In un’intervista dichiarò di preferire semplici «frasi dichiarative», mandare a capo con la maiuscola, utilizzare punti fermi e punti a capo, più raramente virgole e mai il punto e virgola («never a semicolon») o le virgolette. Secondo lui nei dialoghi non c’è ragione di «macchiare la pagine con tutti quegli strani segni».6 Comunque, l’uso abilissimo del discorso indiretto libero e la sua capacità di padroneggiare, in brevi sequenze descrittive, l’azione di diversi personaggi in contemporanea, non crea problemi di comprensione; molti suoi imitatori invece hanno dovuto sperimentare situazioni imbarazzanti per averlo imitato senza possederne la tecnica.

Meridiano di sangue e la Trilogia

Meridiano di sangue, composto da 18 capitoli divisi in vari episodi, introduce alla seconda fase creativa di McCarthy. È un romanzo strano, enigmatico, potente, scritto con un uno stile ricco, visionario, insieme arcaico e moderno, che viene difficilmente reso in traduzione. Uno stile che già si ritrova, più acerbo, nei romanzi precedenti. È un Bildungsroman picaresco il cui protagonista è “il ragazzo” (the kid) che diverrà “l’uomo” (the man). Il ragazzo si accoda ad una banda di cacciatori di scalpi comandati da Glenton e dal giudice Holden. Viene così iniziato alla vita sociale attraverso un percorso in bilico tra incubo e sogno, satura di orrore e violenza ma anche di estatiche contemplazione di una natura primordiale.

Ispirato ad una storia vera, raccontata nel libro My Confessions di Samuel Chamberlain (1849), si svolge nella zona di confine fra Stati Uniti e Messico nel periodo in cui bande di irregolari cercavano di fondare stati indipendenti. Il “ragazzo”, dopo la violenta iniziazione dei primi capitoli, inizia la sua avventura al seguito della banda di feroci cacciatori di scalpi del giudice Holden. Con loro attraversa deserti, zone vulcaniche, montagne, pietraie infinite, giacimenti di carbone in fiamme e spettrali città. La storia si riempie di echi strani e simboli, un percorso misterico la cui guida è il maligno giudice che viene descritto «gigantesco e infantile», abilissimo incantatore con le parole, sempre in vena di riflettere sulla natura delle cose. Il percorso di violenza e orrore è interrotto da stasi estatiche, da incontri con indovini e profeti. Il ragazzo lega soprattutto con l’ex seminarista Tobin, che si fa storico dei portenti dello sconcertante Holden, che sembra dominare gli elementi (e potrebbe infatti essere il diavolo).7 Come l’Elijadi Moby-Dick, i profeti di Meridiano di sangue (eremiti, mennoniti, ubriachi, buffoni) sembrano conoscere segreti fatali e le fasi salienti del romanzo mostrano situazioni che richiamano le figure dei tarocchi. La violenza – descritta con un linguaggio onirico e fecondissimo di figure retoriche e metafore – cui si abbandona il terribile Holden non guastano del tutto il ragazzo che cerca una via di salvezza e redenzione e infine fugge riuscendo a restargli lontano per moltissimi anni. Infine lo incontra di nuovo nel territorio in cui si sta concludendo la prima era del West, nei territori in cui si sono uccisi i bisonti a milioni e si sono raccolte enormi cataste delle loro ossa. Questo incontro gli sarà fatale: il giudice lo riconosce e lo uccide; sa che “il ragazzo” (ora “uomo”) non è mai stato un suo seguace, mai è stato sottomesso al suo incanto feroce e perverso.

Il romanzo-sogno e i romanzi dei sogni

Il successo internazionale per Mc Carthy arrivò nel 1992 con Cavalli selvaggi (All the Pretty Horses), parte della più ambiziosa opera di McCarthy che comprese negli anni successivi Oltre il confine (The Crossing, 1995) e Città della pianura (Cities of the Plain, 1998). I tre libri sono oggi conosciuti come Trilogia della Frontiera (Border Trilogy).8Le vicende si svolgono in gran parte in Messico e lunghi dialoghi sono resi in spagnolo non tradotto. Si ritiene che McCarthy in questa fase sia stato influenzato da Octavio Paz, Miguel Cervantes (per la struttura del romanzo picaresco), William B. Yeats (per la musicalità poetica di molte frasi), Gabriel G. Marquez e José L. Borges soprattutto per certi temi (lo specchio, gli scacchi, il sogno, il sogno nel sogno, i luoghi abbandonati e indecifrabili). Nei romanzi della Trilogia, l’impianto realistico è più robusto ma anche qui i personaggi sognano molto e i loro sogni sono prefigurazioni, profezie e approfondimenti posti sulla strada dei personaggi (e del lettore). Ogni romanzo della Trilogia è composto da 4 parti, 12 in tutto più l’Epilogo in chiusura dell’ultimo. Il testo è suddiviso in blocchi separati da spazi bianchi in tutte le edizioni originali e straniere (così nella versione Random House, la Vintage e le traduzioni Einaudi). Le 12 sezioni hanno una lunghezza piuttosto omogenea e sono prive di capitoli. Numerosi sono gli elementi che rendono la Trilogia un progetto narrativo unico. Lo provano i temi e le strutture ricorrenti della narrazione, come il racconto nel racconto e la parabola, il valore del sogno, la profezia, il velo che separa il passato dal presente, il valore da attribuire a ciò che è perduto e che può essere recuperato soltanto dal ricordo, la mistica della natura ma soprattutto l’intrecciarsi dei destini dei personaggi le cui vicende sembrano echi diversi di un’unica vicenda o di un unico romanzo. Il tessuto narrativo si dipana su tre piani equivalenti: la diegesi principale, i sogni e i racconti incastonati nel racconto.

In Cavalli selvaggi (ambientato nel 1949) il protagonista è l’adolescente John Grady Cole che, dopo essere stato spossessato del suo ranch dalla madre, parte con l’amico Lacey in cerca di fortuna in Messico. Come un tradizionale picaro inizia una serie di avventure e incontri che lo condurranno alla maturità, tuttavia una maturità incompleta. La storia d’amore contrastata ma piena di passione, l’indomita energia e il coraggio dei due giovani protagonisti, soprattutto di John, piacquero anche al pubblico facendo del romanzo il primo vero successo di McCarthy.

I temi, i motivi, lo stile e l’ambientazione del primo romanzo sono ripresi e portati ad un livello più complesso, sia stilistico che strutturale in Oltre il confine. Ambientato nel 1943, esso mette in scena l’avventura di un altro diciassettenne che, incaricato dal padre di catturare una lupa che fa strage di bestiame, decide di riportare l’animale nel Messico da cui proviene. Questo cimento si rivelerà un’iniziazione misterica alla vita e alla morte. La vera motivazione di Bill è sottile e la complessità del personaggio si svela anche nei suoi sogni e incontri.9 Al suo ritorno scopre che suo padre e sua madre sono stati assassinati da un gruppo di fuorilegge. Recupera il fratello quattordicenne Boyd e con lui inizia un secondo viaggio per recuperare i cavalli rubati del suo ranch. Però Boyd resta in Messico, diviene un leggendario guerrigliero che protegge i deboli e, dopo morto, diviene un personaggio da corrido inserito in canzoni che esistono da secoli. Quasi che Boyd, il guerrigliero, con la sua amante guerita, fosse sempre stato un personaggio da cantastorie. Tre anni dopo, Bill rientra in Messico, scopre che Boyd è morto, ne recupera le ossa e ritorna negli USA. Questo romanzo, segnato da tre grandi parabole raccontate da tre personaggi (il cieco, l’ex pastore e lo zingaro), è il più complesso dei tre ma i suoi significati si riverberano nella prima e terza parte delle trilogia.

Città della pianura, ambientato nel 1952, ha una trama semplice: il ventenne John Grady Cole (già protagonista del primo romanzo), si innamora di una prostituta messicana, bellissima e malata. Grazie al suo magistero nel trattare i cavalli è un membro stimato della comunità dei cowboy crepuscolari del New Mexico. Pur aiutato dall’amico Bill (già protagonista del secondo romanzo) il suo sogno non si realizzerà. La concentrazione simbolica, l’uso magistrale delle metafore e la musicalità del linguaggio, misto di inglese e spagnolo, rendono questo romanzo, apparentemente semplice, un canto d’amore e morte alto e dolente. Se il protagonista di Città della pianura è John, qui, colui che deve cercare di trasferire al lettore il significato del racconto è Bill Parham. L’Epilogo, conclusione della Trilogia (o Quadrilogia), si svolge circa 50 anni dopo i fatti precedenti, agli inizi del nuovo millennio, quando un anziano Billy incontra un misterioso personaggio che gli racconta un suo sogno nel quale c’è un sognatore che a sua volta fa un sogno. Questa storia di storie incastrate le une nelle altre sembra avere molto da dire sulla vita, sui sogni e sul significato stesso del narrare e della letteratura.

McCarthy, si è detto, usa il sogno e la visione come elemento diegetico. I suoi sogni non sono semplici prefigurazioni o chiarimenti dello stato d’animo dei personaggi. Guardiamo ad esempio la storia di Culla ne Il buio fuori: essa inizia con un sogno del protagonista, e nel sogno c’è un profeta. La funzione del sogno iniziale del romanzo è chiara al lettore: ha a che vedere con l’ira di Dio, la riprovazione della gente per il terribile peccato commesso da Culla sulla sorella, l’incesto. Il romanzo ha una seconda linea di trama con strani personaggi che sembrano rappresentare un equivalente del fato nel senso greco del termine. Saranno questi a ristabilire l’equilibrio rotto dal peccato tremendo. Lester Ballard, l’assassino protagonista di Figlio di Dio, fa un sogno di morte nel quale lui va a dorso di un «mulo» verso il suo destino. Ma questo viene rivelato dal narratore. A fine storia, uno dei poliziotti che scopre il nascondiglio di Ballard suggerisce al suo compagno di legarlo «come un mulo». L’anticipazione arrivata da un sogno ma non interpretata dal protagonista diviene palese nel finale: focalizzazione del personaggio, piano diegetico della realtà e voce narrante si intersecano prendendo l’uno le suggestioni degli altri. Questo uso sofisticato della tecnica narrativa ha la sua espressione più ricca e complessa nei romanzi della Trilogia. Quanto a Meridiano di sangue, tutto il romanzo è come un lungo sogno (o incubo) dal quale è impossibile risvegliarsi. In esso è incastonato il sogno del protagonista che vede una scena enigmatica: un fabbricatore di monete cerca di finire il suo lavoro per il giudice prima dell’alba, un’alba che lui sa è destinata a non arrivare. Anche la chiusura è un enigma variamente interpretato: una fila di uomini che pratica dei buchi nel terreno duro da cui escono scintille. McCarthy gioca (seriamente) con la letteratura misterica e con simboli universali.

L’ultimo periodo

Nel 1998 McCarthy si sposa per la terza volta, questa volta con Jennifer Winkley, e nasce il secondo figlio, John. La coppia si stabilì presso Santa Fé dove McCarthy lavorava e viveva in un think-tank chiamato The Santa Fé Institute, una fondazione dedicata a studi scientifici interdisciplinari. A più riprese lo scrittore ha dichiarato di preferire la compagnia di scienziati piuttosto che quella di letterati, con un’unica eccezione: lo scrittore eco-anarchico Edwan Abbey, autore di un romanzo ispirato alla figura di un rancher che resistette all’espropriazione della sua terra presso il poligono di White Sand. Lui e McCarthy avevano progettato di reintrodurre nel Sudovest americano il lupo grigio messicano, quello che è al centro della prima parte di Oltre il confine.10 In questo senso, McCarthy dimostra di essere un americano vecchio stampo, uomo di fucile e caccia, amante degli spazi aperti, dei boschi e del deserto.

Negli anni successivi, McCarthy ha scritto una notevole opera teatrale, The Stonemason, e poi due romanzi: Non è un paese per vecchi(2005) e La strada (2006) che gli valse il Premio Pulitzer. Nel primo, un uomo si imbatte per caso nella scena di un regolamento di conti fra bande di trafficanti di droga. Prende il loro denaro e fugge ma per far questo non soccorre un moribondo. Il senso di colpa che lo tormenta lo porterà ad essere individuato e a dar corso ad un terribile meccanismo di vendette da parte dei criminali, uno dei quali usa uno strano strumento per uccidere, una pistola ad aria compressa usata nei mattatoi. Pur graziato da dialoghi sempre interessanti e da una narrazione veloce e implacabile, non raggiunge le vette degli altri romanzi forse perché pensato sin dall’origine come una sceneggiatura. Quanto a La strada, esso riprende una struttura tipica della narrativa dello scrittore di Providence: due personaggi costretti ad un vagabondaggio apparentemente senza speranza né meta. Sono un padre e un figlio; il primo cerca di offrire al figlio una ragione per vivere in un mondo post-catastrofe, caliginoso, atroce, dove la civiltà sembra scomparsa. Il dialogo concreto, spesso tenuto su note pratiche, diviene un’iniziazione del figlio alle ragioni della speranza, nonostante tutto e tutti. Una conclusione diversa attende The Sunset Limited (L’espresso del tramonto),dialogo serratissimo, attorno ad un tavolo, fra un aspirante suicida e un uomo che cerca di salvarlo con parole di fede. Il confronto fra i due uomini non ha esito positivo e l’aspirante suicida non viene convinto a recedere dal suo proposito perché Dio, nel pensiero dell’uomo di fede, non ha dato le parole giuste di salvezza all’ultimo momento. Riflessione sul libero arbitrio e sulla responsabilità che le parole dell’uomo hanno di dare la vita o la morte. Anche in questo caso il magistero di McCarthy si nota nella capacità di tenere vivo l’interesse nel lungo filo di un dialogo che cambia continuamente tono e stile. I giornali americani segnalano ogni tanto notizie curiose legate all’entourage di McCarthy o alla comunità di devoti lettori che lo fotografano da lontano sapendo che mai concederà un’intervista. Il vecchio lupo del Tennessee, recentemente prestato ancora alla sceneggiatura (The Counselor di Ridley Scott, con risultati buoni ma non eccelsi), passati gli ottanta anni, sembra destinato a restare un maestro senza scuola. Intanto si accresce il numero di coloro che leggono quella decina di libri strani e incantatori, i loro messaggi e i geroglifici misteriosi, le nebbie, le rocce, il vento, i deserti cosparsi d’ossa, i laghi senza acqua, i roventi ardenti, gli abissi, le montagne e le tante fiere strane.

1 Lee Mc Carthy’s Obituary, «Bakersfield Californian», (29 marzo 2009).

2Bob Woodward, Cormac McCarthyss Venomous Fiction, «Washington Post» 19 aprile 1992.

3 Ibidem.

4 Ibidem.

5 Harold Bloom, “Dumbing down American readers”. «Boston Globe» (24. IX 2003). In seguito Harold Bloom ha dedicato a McCarthy una monografia: Modern Critical Views: Cormac McCarthy, Philadelphia Chelsea PH 2001.

6«The Oprah Winfrey Show, 5 giugno, 2007. L’intervista fu registrata nella Biblioteca del Santa Fe Institute.

7 Edwin T. Arnold la trova già in Outer Dark (Il buio fuori) romanzo del 1968: in Edwin T. Arnold, Naming, Knowing and Nothingness: McCarthy’s Moral Parables in Perspectives on Cormac McCarthy, curr. Edwin T. Arnold–Dianne Luce, University Press of Mississippi, Jackson 1999. Ivi, pp. 45-69.

8 Il libro, con le sue 500.000 copie vendute in patria, vinse il premio National Book Award e per la critica il National Book Critics Circle Award.

9 Erik Hage, Cormac McCharty. A literary companion, p. VI.

10 Sara L. Spurgeon, «Introduction» in Sara L. Spurgeon, edit., Cormac McCarthy. All the Pretty Horses. No Country for Old Men. The Road, Continuum, New York, 2011, p. 14.

Mario Arturo Iannaccone

Mario Arturo Iannaccone

Mario Arturo Iannaccone si è laureato in Lettere all’Università degli Studi di Milano, specializzandosi in Storia del Rinascimento. È romanziere e saggista. Insegna Scrittura Creativa all’Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia. Ricercatore storico e studioso di storia dell’immaginario e delle idee, ha pubblicato molti libri e centinaia di articoli, collaborando con mensili, settimanali e quotidiani.

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Una risposta

  1. Avatar Egle ha detto:

    Che meraviglia di articolo per un autore che amo particolarmente ! Grazie!
    Un amico mi ha chiesto perché continuassi a leggere i libri di Cormac Mc Carthy. Pur riconoscendogli una gran abilità linguistica e letteraria non ama la crudezza e la violenza rappresentata in molti di essi.

    E la risposta è in una frase del libro “Figlio di Dio”.

    “Pensate che a quei tempi la gente fosse più cattiva di oggi?” – chiese il vicesceriffo.

    “No” –disse – “Non lo penso “

    Penso che la gente sia la stessa fin dal giorno che Dio creò il primo uomo”.

    E io non voglio dimenticarlo.

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