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La nuova morte – prima parte

Quale sia la cura che la civiltà cristiana – non la sola certamente – ha dedicato ai morti appare chiaro dalla sua storia. Esistono efficaci opere di divulgazione storica che ne parlano, come L’Homme devant la mort Seuil (1977) di Philppe Ariès e La mort et l’occident (Gallimard 1986) di Michel Vovelle. A questi si aggiungono innumerevoli studi settoriali di sociologia, storia della società e storia religiosa che spiegano come la pietà per i propri defunti è sempre stata trattata con particolare cura dai cristiani che sperano – perché è parte del loro credo – nella resurrezione dei morti. Del resto la stessa religione del Dio fattosi uomo, la historia salutis, prescrive una particolare cura del corpo deldefunto e delle sepolture, differente persino da quella di altre religioni antiche. Da qui anche la disciplina del sesso perché legato alla procreazione e dunque a esseri umani morituri.

Dopo la morte individuale, i Padri della Chiesa, e la Chiesa, leggendo i Vangeli, ipotizzano un giudizio immediato che verrà reso definitivo alla fine dei tempi, al Giudizio finale. Nel periodo dell’attesa a molti sarà data la possibilità di emendare i propri peccati nello stato intermedio del Purgatorio. Ad ogni modo, per i cristiani la memoria dei morti, tutti, per i quali bisogna pregare, è sempre stata una costante preoccupazione. Essi hanno praticato la pietosa forma della tumulazione o del seppellimento nei “cimiteri” (koimiterioi), luoghi del riposo, dove si dorme, appunto, in attesa di risvegliarsi, distinti dalle necropoli che sono le città dei morti di altre concezioni religiose. Particolare venerazione viene poi riservata ai corpi dei santi e dei martiri, visti come testimoni della fede e intercessori.

Giudizio Universale – Basilica di Santa Maria Assunta a Torcello

Culto dei morti e carità

È altrettanto documentata la comunanza con i morti delle popolazioni della christianitas tradizionale; questi avevano familiarità con i morti e la morte, a causa della mortalità altissima che dovevano sopportare e alla diversa organizzazione sanitaria e ospedaliera rispetto ad oggi. Ad ogni modo, sino alla fine del XVIII secolo, i morti, in gran parte delle principali nazioni europee venivano seppelliti nelle chiese, perché fossero tenuti vicini al luogo delle celebrazioni, – o in cimiteri consacrati in terreni collocati dietro all’abside dei templi o nelle immediate vicinanze. Questa pratica, con modalità differenti data la maggiore disponibilità di spazi, è stata per lungo tempo praticata anche negli USA.

Si sa come, poi, i morti siano stati allontanati dalle città e poi dalle chiese, con la costruzione dei grandi cimiteri extraurbani. Ciò sicuramente anche per motivi igienici oltre che per una generale, e molto studiata, operazione di rimozione dell’idea della mortalità, o per un mutato rapporto con il corpo che per molti non era più il tempio dello spirito ma un involucro di carne destinato, una volta abbandonato dalla vita, a tornare nel ciclo della natura come ogni altro essere vivente, vegetale o animale. Le concezioni positiviste, materialiste, agnostiche hanno lentamente instillato questo pensiero cambiando anche i rituali della morte, diffondendo quelli in uso nei paesi protestanti, più freddi e sbrigativi.

Ma nella rappresentazione artistica, popolare o dell’alta cultura, il corpo del morto è sempre stato circondato da un’aura di ambivalente rispetto. “Noi siamo ciò che voi sarete”, si leggeva nelle cappelle di un tempo, dove si raccoglievano i morti di qualche battaglia o di un’epidemia. E cristianamente si dava ai corpi dei defunti il tempo di consumarsi; l’estrema unzione, la veglia, le lamentazioni, i riti sepolcrali, il lutto dovevano consentire un allontanamento graduale dal morto e dal suo corpo senza cancellarne il ricordo. Nei cimiteri, i morti si riducono alle ossa, reliquie minerali di ciò che è stato un corpo ma comunque sempre ricordate come parte di qualcuno che è vissuto, è morto e attende la resurrezione finale. Ovviamente ciò non era possibile nei periodi di crisi: durante guerre, massacri, epidemie, i seppellimenti di massa sono stati sempre la norma nell’età moderna, sino ai terribili massacri del XX secolo.

Verso una nuova idea di morte

Cimiteri oscuri

Ad un certo punto, in un certo genere della narrativa popolare (e non soltanto, se pensiamo a romanzi non certo pop, come The Making of Zombie War di Aleksandar Hemon) questo tipo di rispetto cambia, cambia la percezione. Si procede a una desensibilizzazione nei confronti della morte, così come del trapasso. Non è il caso qui di richiamare la sempre più frequente narrazione dei casi di eutanasia (ormai soggetto di molti documentari) o l’onnipresente narrazione del crimine, della morte e dell’assassinio. Ma questi temi si collegano proprio alla nuova de-sensibilità nei confronti della morte e all’emersione sempre più prepotente di narrazioni che hanno al loro centro i non morti e la totale dissacrazione del corpo.

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Mario Arturo Iannaccone

Mario Arturo Iannaccone

Mario Arturo Iannaccone si è laureato in Lettere all’Università degli Studi di Milano, specializzandosi in Storia del Rinascimento. È romanziere e saggista. Insegna Scrittura Creativa all’Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia. Ricercatore storico e studioso di storia dell’immaginario e delle idee, ha pubblicato molti libri e centinaia di articoli, collaborando con mensili, settimanali e quotidiani.

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