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Apologia di una traslazione angelica (4)

Conclusione aperta e meta-scientifica

Tutto ciò, come si è visto, non è un tordo opporsi all’indagine storica, ma un appello per un cambio di mentalità che eviti lo scontro tra visioni, bensì le armonizzi concedendo ad ognuna ciò che le spetta, e nulla di più. E infatti dallo scontro risulterebbe o che gli storici chiedono prove eccessivamente empiriche a fronte di episodi di carattere decisamente spirituale (e inusuale, eccezionali), oppure che i devoti ammiccano a legendae irrazionali e nebulose divorziando in toto dal buon uso della ragione.
Se però lasciamo da parte le argomentazioni isolate e ci soffermiamo sulla prospettiva globale, ecco che tutto si fa più chiaro: la visione storico-teologica dà valore a fatti semplici, in cui il legame di fiducia con gli avi e con quanto ci hanno tramandato, sia pur arricchito dalla fantasia, è più importante di cartigli e sigilli; e in cui la diuturna convalida divina data alla tradizione per l’elargizione di grazie copiose – tutte successive al miracolo angelico – può essere considerata corroborazione ex-post all’oralità dei testimoni.
Ora, la scelta di propendere per l’una o l’altra visione e per l’uno o l’altro gruppo di priorità è, come spesso avviene in campo epistemologico, nella forma del salto e della scommessa. Se poi, fatta la scelta, riusciremo a tenere in considerazione le argomentazioni altrui, potrebbe valerci di beneficio e allargare la nostra comprensione dell’universo.
Quanto più avremo interiorizzato e armonizzato le due prospettive – critica e metafisica – tanto più ci risulterà naturale muoverci dall’una all’altra, e tanto meno ci risulterà azzardato o impacciato o gravoso il salto dall’una all’altra. 

Fragilità della fede contemporanea o devozionismo moderno?

Santuario Madonna della Corona

Tale itinerario gioverà più largamente a risolvere un altro problema contemporaneo, che è la mancanza di fede. La maggioranza delle persone nostre contemporanee, inclusi i fedeli cattolici, sono piuttosto inclini a dare assenso a una ricostruzione storico-critica anziché a una tradizione miracolistica. Tale tendenza si riscontra anche in presenza di miracoli appariscenti e ben documentati. Così per esempio provocano scetticismo anche fenomeni evidenti quali il miracolo eucaristico di Siena; inspiegati come la S. Sindone; non replicabili come l’edificazione della S. Casa di Loreto. Quanto più si tenderà a sorvolare sul miracolo della Corona! D’altronde tale tendenza scettica va a toccare ormai anche i fondamenti della fede, nella forma di Scritture Sacre o di Dogmi.
Una risposta secondo verità agli interrogativi posti dal miracolo della Corona, implica dunque inevitabilmente una presa di consapevolezza dei singoli relativamente alla propria capacità di credere. Ma, a margine di ciò e in sostegno a tale compito, la mia proposta è stata quella di considerare attentamente anche l’adesione al modello culturale. Riscoprire – ed è materia di ragione – la pertinenza di un modello metafisico, in compatibilità col modello scientifico-critico, significa aprirsi più lucidamente alla Verità nel suo complesso, riscoprire la plausibilità e fondatezza del reame trascendente, superare limiti meramente illuministici del sapere e con ciò stesso spianare e ripristinare un miglior dialogo con la stessa dimensione del credere.

Assenso cattolico al fenomeno del Santuario

Gli elementi teologici che giovano dell’adesione nella fede alla tradizione miracolistica della Corona sono i seguenti.
Anzitutto, ed è l’argomento meno importante, la traditio angelica spiega in modo più motivato il successo del Santuario nei secoli, spostandone la fama dall’autosuggestione di popolo a una iniziativa fondante attuata dal Cielo; conferma insomma che la Provvidenza ha sostenuto il Santuario. La lezione critica è spinta invece a ricondurne il successo al caso e alla creduloneria.

In secondo luogo, la traditio angelica tutela la dimensione pubblica del miracolo nell’orizzonte della comunità credente, altrimenti ridotto a episodio nascosto e privato, con ciò svuotato di rilevanza ecclesiale in senso proprio. Rispetto a ciò, l’esistenza di santuari in cui si tramandano fenomeni conclamati è di importanza strategica al fine di evitare il cristallizzarsi di una fede individualistica e intimistica. La lezione critica, in effetti, si limita a riconoscere l’importanza del luogo in quanto spazio occasionale di preghiera liturgica o personale, ma mettendo da parte la ragione mariana e angelica che si tramandava come puntualmente intrecciata con le fortune del Santuario, o al massimo affermandola nonostante la credenza popolare e quindi privandola di una fondazione concreta, così motivandola solo in senso idealistico e astratto.

Infine, la traditio angelica predispone all’accoglienza di grazie mariane ed angeliche, in questo posto deputato per grazia singolare proprio a tale scopo. La lezione critica chiude invece lo spirito al credere e quindi al chiedere soccorso mariano e angelico. Sarebbe curioso infatti capire in che senso dovremmo pellegrinare al Santuario a chiedere grazie alla Madonna, se in quel luogo non si è mai verificato un vero prodigio mariano.

Fecondità inesplorate e concordi alla Tradizione cattolica

Immagine della
Madonna Addolorata

Si riscontra una certa continuità tra il miracolo della Corona e quello lauretano. Rispetto a ciò, può darsi che la lettura storico-critica inclini a leggere in quello veneto una pia inventio atta a copiare quello marchigiano. La lettura storico-teologica chiede invece di vedere nella Corona una replica più umile dei grandi prodigi operati da Dio a Loreto e certo non si stupirà della traslazione di una statua, una volta ammessa la traslazione di una casa.
La contiguità tra i due miracoli vale anche come indicazione spirituale: tutta la ricchezza di fede maturata in seicento anni a Loreto tocca, in modo più vasto e profondo, i temi teologici pertinenti col miracolo e la storia del Santuario della Corona. È dunque un compito per i custodi della Corona attingere alla mistica e ascetica lauretana.
Anche la relazione con gli Ordini Militari conferisce un certo senso teologico al prodigio della Corona, nuovamente in riferimento al caso lauretano, specialmente in riferimento alla tensione col mondo islamico: legenda strumentale alla polemica culturale o miracolo di incoraggiamento per la persistenza della fede? Le due prospettive ancora una volta, se agitate in modo oppositivo, daranno risposte nettamente diverse. Che la Corona possa porsi a tutt’oggi come polo spirituale di rianimazione della fede cattolica, in alternativa al relativismo sincretista emergente, è ulteriore elemento in favore della ricchezza del Santuario e della sua storia, che trova nel miracolo rinnovato avvaloramento e fa del posto non il rifugio dell’Ordine militare cacciato da Rodi, bensì l’albergo scelto da Dio per dare riparo all’Addolorata e di qui rilanciare una spiritualità di evangelizzazione.
Noto la mancanza di elementi agiografici in sostegno del miracolo: non ci sono santi che lo declamino, a quel che mi risulta. Questo potrebbe essere un limite. D’altra parte notiamo che la Corona è il primo santuario mariano della diocesi di Verona: non ripugna che la Provvidenza abbia voluto sostenerne la fama tramite doni insigni.

E ancora, l’anno 1522, cui si fa risalire il miracolo, coincide con altri episodi prodigiosi: la lacrimazione della effigie mariana a Treviglio (BG); la sconfitta della peste per invocazione del Crocifisso miracoloso a Roma; le lacrimazioni ed essudazioni dell’effigie dominica a Cannobio (VB). Nuovamente: tempo di suggestioni collettive diffuse o anni di grazia in cui Dio ha comunicato in modo speciale coi suoi figli?
Al lettore la scelta, a noi il compito di indicare tutti gli elementi che rendono la fede nel miracolo della Corona né sciocca, né perniciosa.

Accortezze e posizioni contrarie alla fede cattolica

Nel ritenere miracoli e tradizioni, come quella della Corona, vogliamo segnalare almeno due eccessi da evitare:

Il primo è l’assenso irrazionale: una devozione conviene fintanto che le prove storiche la suffragano e non la confutano. Essa va a decadere di fronte a prove storiche certe, che siano relative a falsificazioni o imposture. Ora, simili prove mancano nella storia della Corona, ove il transito miracoloso della statua è compatibile con la ricostruzione storica della medesima. Per quanto deboli siano le documentazioni storiche a favore, non si danno neppure chiare smentite degli eventi. Si tratta d’altronde di un miracolo minore, di una reliquia secondaria e di interesse per lo più locale, non ci stupisce dunque la semplicità dei fatti e la relativa carenza di riscontri pro o contro.
Il secondo atteggiamento inadeguato è l’approccio magico: questo minaccia tutta la tradizione popolare – e non solo – del cristianesimo tradizionale (ortodosso e cattolico); di fatti i protestanti accusano le Chiesa tradizionali e la Chiesa cattolica di inclinare al magico. D’altra parte a questo rischio non si risponde nascondendo i fenomeni angelici, bensì formando i fedeli in merito ad essi, alla profondità del loro significato, alla rilevanza teologia e teocentrica delle loro manifestazioni. Inoltre, togliendo la base miracolosa del Santuario, aiutiamo davvero l’attesa taumaturgica del popolo a rivolgersi al suo giusto fonte o invece la rendiamo vieppiù infondata, irrazionale, individualistica e quindi, in maniera opposta ma a suo modo nuovamente, superstiziosa?

Imperativo teologico della Corona

Vado a concludere con una provocazione che istruirà la tesi finale.
Tolto il miracolo – e questo è un dramma per molti santuari moderni – resta solo l’interesse turistico, artistico e superstizioso? Forse sì, e si tratta di tre ambiti che assicurano buoni introiti: è sufficiente questo? Sarei portato ad asserire che, qualora si ritenga di dover definitivamente confutare il miracolo messo a fondazione almeno carismatica del luogo, bisognerebbe per onestà culturale e pastorale togliere il titolo di santuario alle relative sedi ed eventualmente dirottare la fede della gente altrove. O è possibile un’altra lettura?

Il senso assoluto del miracolo entro i limiti dello stesso

Dio ci ha lasciato un miracolo la cui attestazione è dubitabile, questo mi porta ad alcune considerazioni:

1. Dio non vincola la nostra fede a questi miracoli storici, come non la vincola ad alcun miracolo.
2. Il fatto miracoloso è strutturato in modo da dissuadere dalla ricerca di prove empiriche al modo di dimostrazioni.
3. La testimonianza dei testimoni dell’epoca è il mezzo più robusto cui Dio si è affidato per diffondere un culto mariano e angelico. Anche in caso di insussistenza del miracolo, tale slancio di fede comunitaria va considerato nella sua specifica valenza: un punto di accesso del divino nella storia reale utile a propagare la fede salvifica.
4. Nel dubbio del miracolo, si può e si deve però affermare con certezza il valore spirituale angelico-mariano che da mezzo millennio è attribuito al Santuario della Corona.
5. Ammesso e non concesso adunque che il Santuario della Corona non possa vantare il miracolo angelico quale elemento del suo rilancio in età moderna, esso mantiene il proprio valore in quanto luogo storico di fatto dedicato alla maggior propagazione del culto mariano ed angelico, via per un approfondimento dell’adesione a Cristo e alla sua salvezza.
Sottinteso dei punti 3-5: tale fatto è esso pure da ricondurre alla positiva Voluntas Dei e in quanto tale può sopperire in senso pieno all’eventualità in cui il miracolo non fosse recepito.
Stando così le cose, anche nella più scettica delle ipotesi, vale l’imperativo teologico per i custodi del Santuario, a partire dal Vescovo di Verona, di valorizzare tale sito quale spazio di rilancio della fede e in particolare attraverso le forme di devozione mariana ed angelica.

Postilla: lezione sul mistero angelologico e demonologico

Considerato l’esergo di sapore anonimo che apre il sito del Santuario, pur confidando che la pastorale del medesimo differisca nei toni da quelli digitali, aggiungo alla mia riflessione poche annotazioni paradigmatiche di quali temi potrebbero essere coltivati e offerti ai pellegrini della Corona. Mi soffermo qui sui contenuti angelologici. Il credito che diamo alle narrazioni angeliche ci aiuta a fissare i valori comuni dell’angelologia cristiana e a proteggerli dagli attacchi del mondo. Questi attacchi si identificano con lo scetticismo sull’azione pubblica degli angeli e comportano il vacillare nella fede attorno a vari ambiti:

  • circa l’efficacia dell’azione angelica nella storia, che viene sempre più misconosciuta e negata; circa la specifica posizione e funzione spirituale degli angeli in prospettiva ecclesiale (non una posizione centrale, ma pur sempre una posizione effettiva e d’intermediazione), senza la quale lo spirito del protestantesimo si affaccia nella visione cattolica;
  • circa l’esistenza angelica qua talis, che vedremo confinare con l’ateismo tout court;
  • circa la potenza angelica, ove non ammessa e ove fraintesa, così che il concetto stesso di potenza sia inevitabilmente ridotto a simbolo di dominio oppressivo – anche perché il vuoto angelico viene immediatamente riempito dall’antitesi diabolica;
  • circa l’effettiva estensione della influenza angelica (qualitativa e quantitativa, sul tempo e sullo spazio), estinta la quale gli angeli si riducono – come nel New Age – a proiezioni fantastiche di immaginazioni e desideri soggettivi e soggettivistici.

Ognuno di tali punti connota lo scetticismo dei moderni, i quali non fanno che estendere tale sospetto angelologico all’intera divinità, nonché al conoscere umano e infine al senso dell’esistere. Così come la negazione del miracolo della Corona e la negazione dei principi angelologici sic et simpliciter si trovano non di rado a concorrere di pari passo. Al contrario, riconoscere l’azione angelica, non in astratto ma in concreto, non sui libri ma nelle tradizioni storiche (come alla Corona) giova a contestare vari elementi della cultura relativista contemporanea. Tra di essi ricordiamo:

  • l’incredulità negli spiriti e in Dio stesso – vinta da una apertura a cogliere gli spiriti in ogni loro espressione, compresa quella angelica, e non solo per devozione ma per accettazione di concrete tradizioni miracolistiche;
  • il soggettivismo materialista – vinto dall’attestazione di una comunità reale di enti trascendenti;
  • l’inimicizia verso la visione gerarchica dell’universo – vinta dall’armonia pacifica e servizievole della gerarchia angelica;
  • la negazione di ogni influenza divina e spirituale sui fatti mondani – affermata al contrario come una costante nella storia e quindi nel quotidiano di ciascuno.

Inoltre a livello storico, episodi quali i miracoli della Corona e di Loreto impongono il giudizio anti-islamico e dichiarano il maggior potere degli spiriti e degli eletti cristiani nei confronti degli eserciti maomettani, esortando a muovere contro questi schiere di testimoni e preghiere e non eserciti sanguinolenti.

Infine, rispetto alla variante demoniaca e cioè alla diversa percezione diabolica che dipende dall’allentamento della fede angelica, notiamo che:

  • dimenticare gli angeli consente di dimenticare i diavoli; mentre però gli angeli non ci forzano quando li ignoriamo, altrettanto i demoni non fanno;
  • è tolta ogni resistenza alle tentazioni, che facilmente non verranno nemmeno più riconosciute per tali.

Conclusione

Il tono introduttivo e frammentato di questo saggio è evidente al lettore. D’altra parte l’impresa nella sua novità – non trovo più alcuno che la tenti – chiedeva un approccio il più graduale e accorto possibile. Riprendere in considerazione tesi miracolistiche, peraltro secondarie, e intesserne un’apologia, sapendo di rivolgersi a un uditorio digiuno e avverso a certe affermazioni, non è stata un’iniziativa da assumersi a cuor leggero. Come un medico dinanzi a un malanno sconosciuto – o non più conosciuto – mi sono aggirato attorno al paziente, tastando qua e là la situazione. E queste pagine abbiano dunque il valore incipiente e perfettibile di una prognosi.
Al contempo, nella loro essenzialità e puntualità, gli esiti cui siamo giunti meritano una considerazione e non credo abbiano fallito il loro compito. Tra tutti, eminente è stato riportare in proscenio la necessità di un’autentica operazione culturale di dialogo e apertura, che mettesse a confronto non differenti tesi appartenenti al medesimo mondo culturale, bensì mondi culturali differenti. Ah, se questo sforzo fosse imitato in altri ambiti, quanto bene farebbe al pensiero, all’unità reale e quindi alla pace vera.
Meno ampio eppure notevole l’aver smascherato l’intorpidimento di certo pensare cattolico, confinatosi in un angolo periferico del ragionamento criticista, ritagliatosi rari spazi di devozionismo solipsista, a cui abbiamo invece indicato un possibile binario per recuperare la profondità e la fierezza della propria impostazione classica, senza con ciò perdere l’aggancio apprezzabile con gli sviluppi più moderni del sapere.
Inoltre, pur nella brevità delle considerazioni teologiche introdotte, non sdegnerei la qualità degli imperativi raccolti, siano essi sub condicione (se il miracolo sussiste), siano essi extra condicionem (se il miracolo della traslazione non sussiste): riconoscere un’aura provvidenziale nei fattori – per quanto oscuri – che hanno consacrato la Corona quale polo spirituale angelologico-mariano, riconoscere l’effettiva azione dello Spirito in tali luoghi, affermare infine e per ciò stesso il primato della conduzione divina del saeculum sulle ricostruzioni documentali e casualistiche degli storiografi, significa provare a riaprire un discorso di teologia della storia, che renda un posto autentico alla Provvidenza, nulla togliendo – e lo ripeto – all’armonia con le discipline moderne. E dunque non ho chiesto di sacrificare le conquiste scientifiche, mentre ho recuperato un posto autentico alla realtà divina, che altrimenti si era ormai ridotta a concetto funzionale (invero nemmeno troppo e, al meglio, nel ruolo di un als ob in attesa di future spiegazioni scientifiche), se non meramente decorativo.
Alla luce di tutto questo e nella speranza che autori qualificati riprendano le fila qui imbastite, termino con la mia pubblica confessione di fede sui prodigi che gli angeli hanno compiuto alla Corona e che Dio ha compiuto tra i veronesi, suscitando in mezzo a loro una così bella fede mariana ed angelica.
Nuovamente auspico che il Santuario valorizzi vieppiù una pastorale fedele alla propria Tradizione, pur purificata dagli eccessi leggendari che le discipline scientifiche hanno ad oggi escluso. Auspico inoltre che si abbia sempre la prudenza di istruire i pellegrini circa il miracolo della Corona: imprudente infatti è agire contro la Sapienza divina e la Provvidenza storica.
Ci soccorrano la Beata Sempre Vergine Maria e i Cori angelici, la cui purezza è proporzionale all’intelligenza, e di tale intelligenza, coraggiosa e aperta a penetrare i misteri del reale, ben al di là ogni rigido schema culturale e di ogni semplificazione inaridita, il nostro tempo sembra avere bisogno, perché l’assedio in cui l’umanità si è stretta è ben peggio di quello che cinse Rodi nel 1522.

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Bibliografia

  • Sito Santuario della Corona
  • Dario Cervato, La Madonna della Corona. Storia del primo Santuario mariano della Diocesi di Verona, Santuario Madonna della Corona, Verona 2007.
Marco Begato

Marco Begato

Nato nel 1983, don Marco Begato è un Salesiano (SDB) che ha svolto studi di filosofia conseguendo la laurea magistrale (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano) e la Licenza (Universitas Pontificia Salesiana, Roma). Ha completato studi musicali in Sassofono e Didattica della Musica (Conservatorio Luca Marenzio, Brescia). Lavora come docente, dopo aver insegnato latino e filosofia nei Seminari e al liceo, oggi segue i corsi di IRC presso Istituti Tecnici e Centri di Formazione Professionale. Collabora con varie testate online di apologetica, in primis con l'Osservatorio Internazionale Van Thuan e il sito Altare Dei. È socio della piccola associazione tradizionale Amicizia San Benedetto Brixia. Dirige e cura il sito www.veritaslauretana.it in difesa della tradizione miracolosa angelologica.

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