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Preludio in Svizzera: Frankenstein e Böcklin.

L’esempio di Gesù, proclamato risorto dai suoi discepoli dopo tre giorni dalla morte, è un unicum nella storia. In forma meno clamorosa, sussisteva nell’annuncio di resurrezione ciclica degli dei delle religioni antiche dell’area del Mediterraneo. L’attesa del ritorno di un defunto potente e nascosto è presente anche nelle leggende e nelle religioni per le quali l’«atteso» – un re, un saggio – si nasconde per tornare alla fine dei tempi. Ma tutto questo riguarda la religione.

Morte e laicismo

In morte di Giuseppe Mazzini

Da quando una corrente di pensiero laica, razionalista, illuminata ha acquisito spazi sempre maggiori di potere in Europa e negli Stati Uniti, sino a coincidere in gran parte con il potere stesso, la separazione fra Stato e religione è divenuta sempre più un dato di fatto nella gran parte della nazioni europee – nonostante le polemiche di quanti affermino il contrario – e lo sta diventando sempre di più, tanto che si è reso necessario distinguere anche linguisticamente fra laicità e laicismo, dove il primo termine indica la separazione fra Stato e Chiesa, il secondo un’ideologia che tende a eliminare ogni residuale e anche simbolico elemento religioso dalla sfera politica.

Ma gli uomini continuano a morire e altrettanto i loro leader. Nel processo di laicizzazione si è così venuto a verificare sempre più spesso il caso singolare di importanti leader politici defunti che, per le posizioni che tennero in vita e per le forze politiche e culturali che rappresentavano, hanno ricevuto esequie «laiche» o sono stati salutati con cerimoniali giudicati tali, o prevalentemente tali. E laica è stata la simbologia funebre loro riservata. Almeno così è parso.

Tre leader, tre casi

Eva Duarte Péron deposta come una “Bella Addormentata”

Ci sono tre casi singolari di gestione della salma di leader politici dai quali affiorano indizi di natura contraria. Casi che esprimono cerimonialità, che lasciano sospettare che i gruppi di potere ai quali era affidata la gestione degli aspetti pratici di tali dipartite – la sepoltura, l’incenerizione, l’imbalsamazione – nutrivano in realtà convinzioni che, se rifiutavano ogni legame con le religioni rivelate, erano nondimeno spiritualiste. In questi casi furono inventate forme para-religiose per l’omaggio alla salma e per il mantenimento nel tempo di un culto a essa dedicato, forme che, in rispetto delle convinzioni dei gruppi che gestivano questi sentimenti, o del defunto stesso, non potevano esprimersi apertamente come tali soprattutto nel caso di Lenin, perché avrebbero contraddetto l’immagine razionale e laica, distaccata dalla religione, che erano il fondamento ideologico della loro esistenza.

Gli episodi coinvolgono Giuseppe Mazzini, morto nel 1872, Lenin, morto nel 1924 ed Eva Duarte Péron, morta nel 1953. In tutti e tre i casi la simbologia messa in atto alla dipartita del leader, e durante il suo funerale, non poté vestirsi delle forme religiose prevalenti nei rispettivi paesi e tempi. In tutti e tre i casi si optò per una conservazione del cadavere prima imbalsamato (processo transitorio) e poi trasformato in mummia (processo più duraturo ma di più difficile attuazione). La mentalità e la cultura dei gruppi di potere che gestirono la fase post mortem di questi leader erano diverse tra loro: prevaleva un razionalismo positivista fra coloro che seguirono Mazzini alla sua ultima dimora, un materialismo di tipo del tutto particolare fra coloro che si assieparono attorno alla salma e al cervello di Lenin. Ancora più incerta e ambigua la mentalità e la formazione culturale di coloro che si avvicendarono attorno al capezzale mortuario di Evita, ridotta a macabra riproposizione della Bella Addormentata.

Un’ostentazione di razionalità “magica”

I tutti questi casi, possiamo osservare come il “razionalismo”, il positivismo, o un ostentato distacco da “superstizioni” che implicavano credenze in una vita ultraterrena, era perlomeno di facciata. I gruppi d’interesse che gestirono il post mortem di questi leader nutrivano, con maggiore o minore segretezza – magari confinandola nella sfera privata – la speranza in una sopravvivenza o addirittura in una resurrezione del defunto dal mondo dei morti. Tali convinzioni erano però lontane dalle tradizioni religiose cristiane o giudaiche prevalenti nei singoli casi, sicché le spie simboliche, le strategie ostensive dispiegate dovettero essere inventate o adattate.

Se prendiamo, ad esempio, il caso di Giuseppe Mazzini, gli indizi sospetti sono numerosi anche se restano, appunto, al livello di indizi. Nel caso di Lenin e di Evita Duarte le attese di chi decise per la mummificazione furono invece clamorose. Sul corpo di Evita furono praticati veri e propri riti che avevano lo scopo di far rivivere in un nuovo corpo la defunta. In tutti e tre gli episodi, gruppi di uomini “razionalisti”, spesso di formazione scientifica e violentemente opposti alle religioni tradizionali (cristianesimo ortodosso e cattolico) lasciarono affiorare, certamente in modo ambiguo e reticente, la fiducia nell’efficacia di rituali magici che presupponevano l’adesione a veri e propri sistemi del magico.

Velati paradigmi esoterici

La mummia di Lenin

Sonderemo pertanto tre casi di gestione della morte dei leader da parte di gruppi di potere laici, e a-religiosi, costituiti da persone di formazione moderna e, apparentemente, scientista che hanno contemplato la possibilità delle resurrezione dei propri capi, o della loro sopravvivenza, sia pure lasciando trapelare un forte conflitto. Tale conflitto, originato dalla necessità di non far trasparire chiaramente questo desiderio o di occultare credenze che ufficialmente non dovevano essere nutrite, ha dato luogo a rappresentazioni e memorie molto ambigue. Il caso di Giuseppe Mazzini, di Lenin e di Evita Peron, tre personaggi al centro di «culti civili» fondati sulla conservazione e l’adorazione vera e propria di una mummia, dimostrano però che la religiosità laica è un concetto spurio e che alla sua origine ci sono credenze e programmi prometeici che possono essere ricondotti, pur con qualche cautela, alla vecchia categoria della magia naturale.

Frankenstein, il moderno Prometeo

Ogni struttura di potere, soprattutto se si è formata recentemente, attraversa una crisi quando il proprio capo muore. Una forma di sopravvivenza del capo nei suoi continuatori, nelle strutture di potere che ha creato, nelle opere è dunque naturale. Ma può presentarsi anche la tentazione di far sì che il capo non muoia, attraverso la conservazione del suo corpo o la sua resurrezione corporale. Vedremo come questa tentazione si sia presentata inconfutabilmente nella prima fase del comunismo russo.

Morte, risurrezione, cabala…

Il sogno di riportare alla vita corpi inanimati, modellati secondo le arti della magia cabalistica o costruiti, letteralmente, attraverso pezzi anatomici ebbe il suo «precipitato» letterario più celebre nel romanzo di Mary Woolstonecraft Shelley (nata Mary Godwin, 1897-1851): Frankenstein or the modern Prometheus del 1818. Quando scrisse il romanzo, Mary W. Shelley aveva soltanto diciannove anni. Proveniva da una famiglia di libero-pensatori e utopisti. Il padre, William Godwin (1756-1836) pensatore radicale è considerato il fondatore dell’anarchismo; la madre Mary Woolstonecraft (1759-1797) un’ardente sostenitrice della Rivoluzione Francese.
Il romanzo di Mary W. Shelley mostrava il suo debito nei confronti del cabalismo magico del leggendario rabbino Loëwe di Praga che, secondo la leggenda riporta alla vita il Golem con le sue arti. Ma un’altra probabile ispirazione della Shelley fu il personaggio di Adam Weishaupt, il capo dell’Illuminatenorden, non a caso nativo di Ingolstadt come il professor Frankenstein.

Faust e il Golem

Mary Shelley
Mary Shelley

Componendo il mito del Golem e quello di Faust, la Shelley creò la figura dello «scienziato pazzo», il Prometeo della scienza che assembla carne morta e gli dà la vita con l’elettricità (il magnetismo). La Shelley diede un compendio perfetto dello spirito del suo tempo. Questo sogno supremo di portare la vita alla morte, sostituendosi a Dio, prese forma in alcuni miti caratteristici, che affascinarono generazioni di spiritualisti e utopisti. Prometeo sarà l’eroe fondatore di due secoli di pensiero radicale, socialista e comunista. Mary Shelley ha indicato, sin del titolo, l’importanza del mito di Prometeo, il semidio che dona agli uomini una conoscenza proibita e il coraggio di perseguirla. Frankenstein, il «moderno Prometeo» e fabbricatore del Golem unisce l’occulto magico all’immorale coraggio della scienza.

Come vedremo il sogno prometeico non fu deposto ma anzi rinnovato continuamente sino all’estremo letterale del cadavere imbalsamato di Lenin. Che non fu conservato nel laboratorio di uno scienziato “pazzo”, simile a quello lodigiano di Paolo Gorini ma in un asettico istituto, mantenuto a spese dell’uomo nuovo comunista. Lo scienziato pazzo e il cabalista, il rivoluzionario e il novatore sociale convissero nella Russia Comunista, la Quarta Roma, la terra delle utopie.

Böcklin e l’Isola dei morti

 Arnold Böcklin
Arnold Böcklin – Autoritratto con la Morte che suona il violino – 1872

Hanno alcuni singolari punti di contatto le biografie dei due massimi gnostici-rivoluzionari del secolo scorso, ispiratori di carneficine metodiche che dovevano far sprizzare dall’opacità della materia la luce dello spirito. Tra le molte quella che più incuriosisce, e che ha attirato già diverse volte l’attenzione degli studiosi, è la comune passione o malia per il quadro l’isola dei morti del pittore svizzero Arnold Böcklin (1827-1901) considerato il padre del Simbolismo. Le biografie di Lenin riportano che questi ne tenesse una copia sopra il suo letto durante l’esilio a Zurigo. Non sappiamo se ne fosse ossessionato, ma certamente lo considerava interessante e fonte d’ispirazione.

Hitler, Von Ribbentropp e Molotov danno le spalle all’Isola dei morti

Fu affascinato dallo stesso quadro anche Hitler che se ne fece preparare più copie e addirittura comperò una delle versioni autentiche andata però smarrita nel corso del 1945. In una celebre fotografia – posta da Marco Dolcetta sulla copertina del libro Nazismo esoterico – si vedono Hitler, Von Ribbentropp e Molotov dare le spalle al quadro di Böcklin. La comune passione di Lenin prima e di Hitler poi per il quadro – che ammaliò anche Freud, Jung e altri protagonisti della cultura dell’epoca – potrebbe essere un caso. Fin da quando fu esposta per la prima volta nel 1880, l’opera del pittore svizzero «raggiunse una fama sensazionale» (A.A.V.V., La pittura tedesca, 2, pp. 415, Electa, Milano 1996). Böcklin fu uno dei pittori più celebrati del suo tempo, e godette di una fortuna costante nel corso della sua vita.

I simboli dell’ambiguo

Nel corso della sua attività, Böcklin ha trattato sovente temi mitologici, mutuati dalla mitologia greca e latina, inoltre «si è andato confrontando fin dagli anni di studio a Düsseldorf con la tematica della morte e della caducità». L’isola dei morti è stato dipinto in cinque versioni tra il 1880 e il 1896. La versione più famosa andò presumibilmente distrutta durante il bombardamento di Berlino nel 1945. Nel quadro si vede una barca con un feretro e una figura in piedi, avvolta in un mantello o sudario bianco che, apparentemente, si dirige verso un’isola oscura, chiusa da un anfiteatro di rocce sulle quali si aprono dei loculi con al centro un fitto bosco di cipressi. L’immagine, sin dal primo istante, provoca nello spettatore una malinconia invincibile, un senso di perdita, abbandono e silenzio. Parte importante del suo ambiguo fascino è data dal fatto che non è chiaro se la figura ritta in piedi sulla barca si sta dirigendo all’isola portando il feretro di un morto o se dall’isola proviene. Pertanto il quadro potrebbe rappresentare la rinascita di una persona dal mondo dei morti e in tal caso si potrebbe interpretare la veste bianca come un sudario, così come l’arrivo nell’Ade di un morto traghettato sulla barca.

L’Isola dei Morti – tra il 1880 e il 1886

Quest’ambiguità è una metafora, o più ancora un simbolo dell’atteggiamento incerto che di fronte alla morte avevano gli uomini delle cui azioni parleremo (un atteggiamento metastorico, comunque). Pur negando la sopravvivenza dell’anima anche i materialisti più radicali lasciavano aperta la possibilità che la scienza potesse riportare alla vita un corpo morto, il corpo morto del messia della rivoluzione. Molto ambiguo, a questo proposito, è la lettura del caso di Mazzini che va fatto, come abbiamo detto, soltanto sulla base di indizi. Più chiari e diretti invece sono i casi di Lenin e di Evita Péron. Tutti casi di leader di regimi vincenti e nel pieno del potere: il regime risorgimentale, uscito vittorioso dopo anni di guerra e di repressioni, il regime comunista e quello peronista.

Continua…

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Bibliografia

A.A.V.V., La pittura tedesca, 2, pp. 415, Electa, Milano 1996.

Mario Arturo Iannaccone

Mario Arturo Iannaccone

Mario Arturo Iannaccone si è laureato in Lettere all’Università degli Studi di Milano, specializzandosi in Storia del Rinascimento. È romanziere e saggista. Insegna Scrittura Creativa all’Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia. Ricercatore storico e studioso di storia dell’immaginario e delle idee, ha pubblicato molti libri e centinaia di articoli, collaborando con mensili, settimanali e quotidiani.

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