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Evita, l’Iside incompiuta

L’anno prima che il corpo imbalsamato di Stalin prendesse posto accanto a quello di Lenin, dall’altra parte del mondo, in Argentina, si consumava un altro celebre caso di politica funeraria, quello di Evita la regina dei descamiciados argentini, colei che incarnò il sogno di riscatto di milioni di poveri di quel paese.
La storia di Eva Duarte Péron (1919-1952) detta Evita è stata raccontata molte volte, diventando anche il soggetto di film, serie televisive e musical. La vita di Evita è una favola, una favola triste.
Povera ragazza giunta a Buenos Ayres in cerca di fortuna, Evita divenne un’attrice famosa e trovò il principe azzurro nel generale Péron che andò al potere nel 1943 con un colpo di Stato. Appoggiato da settori del sindacalismo e dai laburisti, il governo si rinnova, dopo tentativi di destituzione, nel 1946 quando Péron forma un partito Laburista, poi Peronista.

La dea degli ultimi

Eva Pèron

La miscela culturale e ideologica del Partito di Péron è dunque la sinistra moderata, laburista e sindacalista, la stessa che fu alle origini del Fascismo (nato negli ambienti del socialismo e del sindacalismo rivoluzionario). L’etichetta di movimento e regime «di destra» che verrà dato in seguito al populismo peronista è quindi discutibile, parziale e certamente di comodo. Uno dei fondamenti del potere di Péron divenne poi la moglie Eva, attrice, e poi compagna di potere, amata dal popolo e in special modo dagli ultimi, i descamisados, i poveri, tra i quali era nata nel 1919.
Eva Duarte, sposando Péron nel 1946, divenne la Primera Señora di Argentina, potente e temuta. Ma anche amata per la sua considerazione dei poveri; una sorta di Madonna o meglio, (considerando la cultura peronista) di compassionevole Iside. Subì da viva un singolare destino di «divinizzazione» di memoria classica e poi morta di «santificazione». Rispetto ai casi già citati, che non presentano alcun segno di pietà cristiana, quello di Eva Duarte è più vicino alla santificazione del popolo di memoria medievale. Tuttavia, anche qui, e la variegata provenienza culturale di coloro che gestirono il progetto di significazione funeraria imposero segni, contaminazioni e simbolismi che ne fanno comunque un caso interessantissimo.

L’imbalsamazione

Eva, anzi Evita per il suo popolo, morì trentatreenne e dopo una lunga e dolorosa agonia il 26 luglio del 1952 a Buenos Ayres. Anche il suo destino post-mortem fu gestito da persone possedute da progetti prometeici come quelli che coinvolsero Mazzini, Lenin e Stalin. Probabilmente l’interessata non raccomandò l’imbalsamazione del proprio corpo. La decisione fu presa da Péron consigliato da qualcuno e il compito fu affidato al dottor Pedro Ara. Quest’ultimo anzi racconta nel suo libro El caso Eva Péron che «l’idea di mummificare Evita era nell’aria», perché numerosi emissari ufficiali l’avevano avevano suggerita.

Biancaneve addormentata

Le operazioni d’imbalsamazione preliminare durarono una notte soltanto. Acconciata come una regina delle fiabe, come Biancaneve, fu sistemata nell’atrio della Sécrataria sotto ad una teca di cristallo, coperta da un sudario bianco e dalla bandiera bianco-azzurra dell’Argentina. Padre Benitez, che l’aveva confessata, fu autorizzato a intrecciarle le mani con un rosario. Iniziò così il lutto nazionale che sarebbe durato tredici giorni, e il quattordicesimo si sarebbe tenuto il funerale. Durante quiei giorni piovve quasi ininterrottamente.1 La partecipazione della folla fu continua, e il 9 agosto ai funerali parteciparono più di due milioni di persone. Gli abitanti dell’isola Maciel, intanto avevano iniziato a vedere il volto di Eva «nella luna piena».2 In antico, questa era una delle forme credute per la manifestazione di Iside?
L’imbalsamatore Ara si vantava in Argentina di essere supervisore della mummia di Lenin ma pare che questo onore non gli competesse; sappiamo che era saldamente nelle mani della dinastia di parascià Z’brskj. Comunque, la sua abilità non poteva essere messa in discussione. Aveva infatti imbalsamato il corpo del compositore Manuel de Falla (1876-1956), sommo musicista spagnolo morto in Argentina, e mummificato un giovane dal quale il padre non riusciva a staccarsi e che «vestiva e metteva a tavola a cena ogni sera».3 Per colpire i suoi futuri clienti mostrava anche il cadavere intero (o la sola testa, non è certo) imbalsamato di un mendicante che teneva in casa accanto alla bottiglia di sherry: «fu la contemplazione di quel prodigio a persuadere Péron di richiedere il suo intervento».4
Anche questa volta non ci interessano le tecniche con cui Eva Péron fu imbalsamata o mummificata. Sappiamo però che durarono un anno e che nel luglio del 1953 era pronta. Fu sistemata in una cappella alla CGT. Alla parete «una Vergine di Lujan con il mantello triangolare e rigido alla quale Evita era stata devota, almeno stando a quel che disse Péron».5 La devozione per la Vergine di Lujan deriva da un’apparizione del 1630 che provocò una conversione di massa. Ma la presunta devozione di Evita per la Vergine di Lujan è riportata dal solo Péron.
1. Dujovine Ortiz A., Evita un mito del nostro tempo, tr. it. Mondadori 1996, p. 326.
2. Dujovine Ortiz A., Ibidem, p. 327.
3. Ibidem.
4. Ibidem.
5. Comunque, «il corpo era stato essiccato con il vecchio metodo detto della “mummificazione spagnola”, e poi lavorato con tecniche simili a quella impiegate su Lenin e Stalin. Ibidem, p. 329.

Simulacro di potere

Lì Evita, restò vestita con una tunica d’avorio, esposta alla devozione del suo popolo. Ma Péron si disinteressò quasi subito di quella sorta di processo di santificazione della regina dei descamisados. Interessato da donne vive, anzi da ragazzine minorenni come si vociferava, non gestì con accortezza quel processo simbolico che avrebbe forse salvato il suo regime. Eva Duarte infatti era la vera consacrata dal potere nell’Argentina di quegli anni e senza di lei Péron era destinato a perdere velocemente il consenso del suo popolo. Lei era stata amata da viva, e segni di devozione erano ben presenti anche da morta. Probabilmente se fosse stata collocata nel mausoleo che era stato progettato per lei il potere di Péron si sarebbe consolidato. Ma il progettato mausoleo non fu mai costruito.

Continua…

Bibliografia

  • Dujovine Ortiz A., Evita un mito del nostro tempo, tr. it. Mondadori 1996.
  • Introvigne Massimo, Il Cappello del mago. I nuovi movimento magici dallo spiritismo al satanismo, Sugarco, Milano 1990.
  • Larraquy M., Lopez rega, Sudamericana, Buenos Ayres 2004.

 

Mario Arturo Iannaccone

Mario Arturo Iannaccone si è laureato in Lettere all’Università degli Studi di Milano, specializzandosi in Storia del Rinascimento. È romanziere e saggista. Insegna Scrittura Creativa all’Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia. Ricercatore storico e studioso di storia dell’immaginario e delle idee, ha pubblicato molti libri e centinaia di articoli, collaborando con mensili, settimanali e quotidiani.

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