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Houellebecq e l’estetica della depressione (3)

La possibilità di un’isola (2005), sin dal titolo rovescia il verso del poeta inglese John Donne che cantava l’impossibilità di ogni uomo di essere isolato. Per Houellebecq la condizione umana è disperazione e solitudine e il libro immagina un futuro lontanissimo nel quale sarà possibile clonare gli esseri umani donando a loro una sorta di immortalità. In questo futuro, i discendenti genetici degli ultimi uomini – in particolare quelli di un comico cinico e brutale, chiamato Daniel – vivranno in fortini tecnologici circondati dai discendenti degli ultimi umani “non trattati”. È insomma proprio lo sviluppo dell’idea transumanista già toccata ne Le particelle elementari.

La possibilità di un’isola

Dopo vari eventi catastrofici, l’umanità sarà divisa in neoumani che vivono vite solipsistiche, separati dagli abbruttiti discendenti del resto della popolazione che sopravvivono in un mondo sconvolto, polveroso e arido. I neomunani, quando invecchiano e muoiono, vengono sostituiti da copie del loro archetipi. Da Daniel 1 sono discesi Daniel 24 e poi Daniel 25 e anche Marie 22 e Marie 23. Si ripropone la divisione dell’umanità in sottospecie geneticamente manipolate come nel romanzo vittoriano di Herbert G. Wells – che immaginava i Morlock e gli Elohi – e nelle opere di Aldous Huxley. Le generazioni neoumane potranno per passatempo leggere i diari dei loro prototipi attendendo l’ultima estinzione sotto lo sguardo della Grande Sorella (la morte?) mentre attendono l’Assoluto (l’estinzione nell’essere).

Michel Houellebecq

Fra i neoumani uno sfugge dal fortino che lo isola e protegge e ritrova l’umanità con i suoi difetti. I temi del libro, così come emergono dai diari di Daniel (Daniel 1, l’archetipo dei 25 Daniel che seguono, come Esther, l’archetipo femminile frequentato dal primo Daniel) discettano sull’insopportabile vecchiaia, sull’inevitabile aumento dei suicidi nella società del loro tempo: nelle ultime generazioni umane, le donne si suicidavano mediamente a 51 anni e gli uomini a 62. La causa era dovuta al fatto che a quell’età è, per la maggior parte della gente, impossibile ottenere una vita sessuale soddisfacente. Così spiega Daniel 1.

E le donne belle, soprattutto se giovani, avevano in quella società lo stesso rango che ai nobili era riservato durante l’Ancient Régime. Tutti erano servitori potenziali di ragazze belle e disinibite, modelle e attrici. Nel mondo post-ideologico, post-religioso e antiumano immaginato da Houellebecq, tutto è ridotto a quello. Un numero consistente di pagine nel mezzo del romanzo è dedicata alla setta dei Raeliani, che credono che siamo stati creati da essere extraterrestri intelligentissimi. La setta viene descritta dall’autore – che con loro ha avuto realmente contatti – tra il serio e il faceto. Per loro il futuro sta nella clonazione e nell’avvento degli extraterrestri che chiamano Elohim. Predicano una specie di paradiso sessuale sulla terra, un eden del libero amore che, come scopre Daniel, è una finzione. Anche tra loro c’è infelicità e violenza (i suicidi e gli omicidi sono frequenti nel loro gruppo). Non solo, alcuni dei più alti adepti della setta non credono affatto a ciò che predicano né all’esistenza degli Elohim ma usano questo mito per i loro bassi scopi.

L’umanità insomma quando cerca la liberazione facendo leva sempre sugli stessi oggetti – denaro, sesso, potere e dominazione psicologica – non riesce a reggere. Il tormento di Daniel 1 è quello di trovare l’amore per Esther molto più giovane. E la differenza d’età alla fine li separa. Lei appartiene a un’altra generazione, completamente “liberata” e lui non sopravvive. Nel racconto futuristico di Houellebecq la religione elohimita ad un certo punto assorbe tutte le altre, persino l’Islam. Tutto cambia quando Daniel 25 comincia a comprendere, a sentire l’umanità. Daniel 25 per seguire la fuggitiva Marie 23 fugge a sua volta affrontando un viaggio lunghissimo nella campagna spopolata del XXX secolo. Oltre l’oceano dissecato raggiunge le rovine di New York, incontra tribù di umani irsuti e tornati all’età della pietra e si mescola con loro. Segue Marie tenendo a mente il Simposio di Platone e San Paolo («i due saranno una sola carne») e sperando di incontrarla. Trame simili sono state piuttosto frequenti nella fantascienza cosiddetta sociologica degli anni Sessanta e Settanta e fra i vari libri che si possono ricordare con il tema della fuga dal paradiso tecnologico, nel quale l’umanità è spenta, verso un mondo reale, di carne e sangue, c’è la Fuga di Logan (1967) di Francis Nolan e John C. Johnsonn. Dunque l’amore vero può essere la salvezza?

La carta e il territorio

Molti dei temi già visti ricorrono anche in La carta e il territorio (2010) nel quale si segue la vita di Jed Martin, fotografo e artista e del commissario Jacelin oltre che la voce narrante di Houellebecq stesso. Come molti dei personaggi dello scrittore francese, anche questa voce narrante cresce in collegio dove lo educano cattolicamente. Lui riconosce che il cattolicesimo è stato determinante nel plasmare l’Occidente ma le sue glorie paiono non interessare più i contemporanei. Houellebecq se ne duole ma in modo distaccato. Quando Jed inizia a fotografare le carte stradali Michelin, viene contattato da una bella donna russa dirigente nel marketing della Michelin che si dichiara ammirata dalla sua intuizione. Jed e Olga divengono una coppia anche nella vita, una coppia nota e ammirata. Le opere sono elogiate dai critici che vedono in esse significati che non ci sono. Con lei fa un viaggio nella Francia profonda che trova rovinata dal tentativo di soddisfare i gusti dei clienti cinesi o anglosassoni. Costante è la ricerca della vera Francia, dell’autenticità, ormai perduta, e la nostalgia per essa. Quando Olga lo lascia lui si sente smarrito. Ogni tanto incontra il padre che gli parla dei fallimenti dell’architettura moderna e della società moderna, e ogni tanto occhieggia, nei suoi libri, il pensiero di René Guénon. Il padre racconta di aver conosciuto un professore di storia delle religioni che considerava un imbecille Guénon e che lo aveva introdotto all’opera di William Morris.

Attraverso i suoi personaggi, Houellebecq critica con sarcasmo il kitsch televisivo e culturale, gli scrittori, l’arte, i libri alla moda spesso facendo nomi e cognomi reali. Arriviamo così al centro del romanzo. Jed incontra per la seconda volta Houellebeq stesso in una vecchia casa di campagna dove dorme in un letto da bambino («perché si finisce come si è cominciato») e dove si (auto)descrive come un alcolizzato, che vive nella sporcizia. In queste pagine c’è una bizzarra e compiaciuta presa in giro dei critici e dei giornalisti che lo trattano da carogna. La voce del narratore indugia su molti argomenti; ha modo di presentare le sue idee. Parla di Morris che aveva fallito nel suo tentativo di resuscitare una concezione dell’arte come artigianato. Ed è piuttosto chiaro che qui venga ricordata la messa in guardia di Guénon di resuscitare un Medioevo finto, di maniera, in qualsiasi forma: il Medioevo, la sua essenza, il suo spirito che era lo spirito della Francia profonda, è morto. Possiamo, noi contemporanei, ammirarne le splendide conquiste, ma non dobbiamo tentare un’imitazione destinata al fallimento, come aveva tentato l’inglese.

Michel Houellebecq

Tempo dopo questa visita, proprio Houellebecq – lo scrittore voce narrante divenuto personaggio – viene assassinato in seguito al furto di un quadro di Jed. Lo trovano decapitato, assieme al suo cane, e fatto a brandelli. La scena del delitto è simile a quella della narrativa thriller contemporanea e non risparmia dettagli raccappriccianti. Lo scrittore racconta la decomposizione del proprio corpo e così esce dalle buone maniere della letteratura. Nell’ultima parte del romanzo la voce viene prestata soprattutto all’investigatore che si occupa del suo caso, il commissario Jacelin. Qui Houellebecq inserisce elementi “iniziatici” nei suoi romanzi: il commissario, per abituarsi alla vista della carne straziata, ottiene il raro permesso di partecipare a una “meditazione sul cadavere” in Oriente; una meditazione buddhista nella quale si accetta il transeunte e la morte come realtà più certa di fronte a un cadavere in decomposizione. Tutto il romanzo, in fondo, è una meditazione sulla morte individuale, psicologica e di una civiltà. Si apprende che alla fine della vita l’Houellebecq-personaggio si è fatto battezzare.

Quando l’investigatore rintraccia Jed e gli fa vedere lo strazio del corpo dello scrittore lui pensa di vedere una tela di Jackson Pollock: lo scrittore ha composto un’opera che, nel mercato odierno dell’arte, potrebbe avere un valore, essendo frutto di uno strazio. Alla fine del romanzo, Jed viene a sapere che suo padre si è fatto praticare l’eutanasia in una nota clinica della morte di Zurigo. Tutto è conseguente, pensa l’artista, perché il valore commerciale della sofferenza e della morte sono diventati superiori alle funzioni procreative. Per questo, Damien Hirst – l’artista che compone sculture di cadaveri plastificati – ha superato Jeff Koons nel mercato dell’arte. Il quadro per cui Houellebecq è stato ucciso viene ritrovato nella cantina di un chirurgo estetico che colleziona pezzi anatomici per farne oscene sculture (Hirst?). L’ultima opera di Jed una rappresenta la fine del periodo industriale in Europa.

Sottomissione

Sottomissione (2015) impressiona per come riesce a rappresentare realisticamente, quello che si potrebbe definire il “suicidio dell’Occidente”, il requiem della civiltà cristiana e di quella liberale. Letto il romanzo, non ci si sottrae dall’idea che questo sia un esito possibile e addirittura, da certe élite, ricercato e non osteggiato. Il romanzo racconta le vicende di un professore di università di Parigi, esperto della figura e opera di Joris-Karl Huysmans, il decadente par excellence. E non a caso. Le racconta nel momento in cui questi vive e commenta lo slittamento politico che cambia la Francia. Non a caso: Huysmans è stato uno scrittore passato attraverso ogni forma di apostasia prima di «arrendersi alla croce», sottomettersi alla Fede. Sottomissione racconta di un altro tipo di sottomissione: quella sociale e politica della Francia. Durante una tornata di elezione, alcuni partiti si mettono d’accordo pur di contrastare il Front National (oggi è il Rassemblement National).

Il cartello antidestra, piuttosto consueto in Francia, viene stretto fra un partito “populista” non meglio identificato, il partito socialista e un nuovo partito di ispirazione islamica, l’Unione islamica, che ha il 20% dei suffragi. Questi tre soggetti formano un governo concedendo il premierato a un certo Ben Abbes, che si presenta come un islamico moderato, rispettoso delle tradizioni francesi e della laicité. Almeno all’inizio. Pur di poter governare e di non far passare la destra, i partiti laici e di sinistra fanno un patto che li costringe a cedere: concedono al premier il ministero dell’istruzione e altri ministeri chiave. Il capo del partito musulmano ha fatto parte del movimento «identitario» (da leggere guénoniano) proprio come Radiger.

Le conseguenze sono immediate: le donne vengono incentivate ad uscire dal mondo dell’insegnamento e dell’Università, e in generale dal mondo del lavoro. Ciò crea un brusco calo della disoccupazione per questo effetto: una parte delle donne non vengono più considerate soggetti che possono o vogliono aspirare a un lavoro. Segue un’islamizzazione sempre più evidente dell’Università e di varie parti della società. E le donne, piano piano, senza imposizioni, cambiano il loro modo di vestire. Non si vedono più gambe scoperte. Il velo non viene imposto ma accettato come parte di una nuova moda. Il modo di vestire femminile, in generale, si fa più castigato. La laicité, il femminismo, le sinistre sembrano cedere di colpo di fronte alle loro stesse contraddizioni: hanno aiutato un’immigrazione islamica per decenni e ora si sottomettono. Non possono più combatterla né negarla. Cala anche la criminalità perché si sopisce la rabbia delle banliueu con incentivi e sussidi. Sul piano internazionale, il presidente inizia subito dei colloqui per far entrare nell’Unione Europea vari paesi nordafricani.

Il paese della laicité accetta tutto questo senza contraccolpi anche perché gli intellettuali vengono comperati dall’afflusso di denaro che arriva dall’Arabia Saudita, come prima venivano comperati dagli Stati Uniti, dalla Russia, da Israele o dalla Germania. Gli intellettuali “organici” sono sempre una merce soggetta a un mercato. La voce narrante protagonista è piuttosto tipica dei romanzi di Houellebecq: un intellettuale che ha una visione della vita fatalista e libertina, anche nel senso filosofico del termine. All’inizio anche lui vede i cambiamenti con stupore. Anche a lui manca la Francia cristiana. Ricalca le orme di Huysmans soggiornando nel convento nel quale lo scrittore fin-de siècle aveva passato un periodo della sua vita. Al centro del libro celebra la Francia cristiana citando Peguy. Non c’è ironia: è un ricordo, un po’ stanco ma sincero. Intanto nella sua vita un cambiamento avviene: la sua amante Myriam, ebrea, se ne va in Israele e lo dimentica.

La politica impone la rivalutazione dei sussidi familiari, l’abbassamento dell’età dell’obbligo scolastico e grandi risparmi nel settore istruzione. Qualche opposizione si vede a sinistra mentre il sistema politico francese implode. Tutti si metterebbero contro il Front National che non ha più rappresentanza mentre il paese si avvia ad abbracciare una terza via fra il comunismo e il capitalismo, il distribuzionismo, una teoria economica amata dall’Islam che favorisce le famiglie. Questo porta, come effetto e come scusa, la diminuzione dell’85% della spesa sociale. La Francia si struttura come un paese del Terzo mondo e questo senza opposizioni. Quanto al protagonista, non sta bene: la descrizione delle sue avventure erotiche (sulle quali Houellebecq è sempre, fastidiosamente esplicito) si riduce; così come la sua voglia di vivere: È stato pensionato a forza, con una pensione alta, ma questo pensionamento spegne la sua voglia di vivere.

René Guénon

Ha pensato a una conversione al cattolicesimo ma lo sente ormai estraneo e non potrebbe dargli i vantaggi che una sottomissione all’islam gli garantirebbero. A casa di un collega, l’islamizzato Rediger, si parla di Histoire d’O un romanzo scritto in quella casa, che parlava della “sottomissione” di una donna a un affascinante seduttore, la stessa praticata dalla Francia intera. Rediger, il conoscitore di Guénon, vive nella casa appartenuta all’influente sovrano delle lettere francesi, Jean Paulhan, il curatore delle principali collane di Gallimard e delle opere René Guénon. Così, il protagonista viene convinto dalla forza delle cose ad accettare l’ipotesi di convertirsi all’islam. Gli argomenti che più lo interessano sono la poligamia e la natura arrendevole del cristianesimo. Perché, a furia di «moine, smancerie e vergognosi strofinamenti dei progressisti» sostiene, la Chiesa cattolica è diventata incapace di opporsi alla eccedenza dei costumi, di rifiutare energicamente il matrimonio omosessuale, il diritto all’aborto e il lavoro della donna; bisognava arrendersi all’evidenza: giunta a un livello di decomposizione ripugnante, l’Europa occidentale non era più in grado di salvare se stessa. Lo stesso Rediger riconosceva che la civiltà cristiana medievale era stata grande ma era poi venuta a patto con il razionalismo finendo per condannarsi all’insignificanza. Sono le critiche che l’iniziato Guénon rivolgeva, dal suo particolare punto di vista, certamente non cattolico, alla Chiesa. In Sottomissione, dopo la Francia anche il Belgio accetta un governo musulmano. Il protagonista, infine, chiude i suoi rapporti con Huysmans, si converte, riacquista la cattedra e riceve tre spose accuratamente scelte da una mezzana.

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Mario Arturo Iannaccone

Mario Arturo Iannaccone

Mario Arturo Iannaccone si è laureato in Lettere all’Università degli Studi di Milano, specializzandosi in Storia del Rinascimento. È romanziere e saggista. Insegna Scrittura Creativa all’Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia. Ricercatore storico e studioso di storia dell’immaginario e delle idee, ha pubblicato molti libri e centinaia di articoli, collaborando con mensili, settimanali e quotidiani.

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