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Eugenio Corti: la forza della verità – terza parte

La guerra e l’avvenuto incontro con il comunismo sono uno spartiacque definitivo: tutto ciò che prima aveva un valore motivante, è diventato poco più che niente, perfino lo studio universitario è un dettaglio irrilevante per cui «l’esame che va male si riduce a una scritta su un pezzo di carta».
Per questo Corti affronta la vita con una leggerezza diversa e con una consapevolezza ora potente, ineluttabile, quella di scrivere, di dare forma alla «trama del vero». Nel 1947 consegue la laurea in Giurisprudenza, scrive e pubblica con la Garzanti il diario della ritirata in Russia, I più non ritornano, e conosce Vanda, la ragazza che diventerà sua moglie. Nel frattempo inizia la stesura del secondo libro ambientato in Russia, che viene pubblicato nel 1951 con il titolo provvisorio I poveri cristi (poi diventato Gli ultimi soldati del Re). Pur essendo opera minore, il breve resoconto è in realtà robusto prodromo de Il cavallo rosso, con elementi e temi che anticipano quelli dell’Opera maggiore, in una narrazione che è già vicina all’innesto saggistico tipico del grande romanzo, con una trama intessuta di riflessioni alimentate dalla profonda preoccupazione dell’autore in merito all’avanzare dell’ideologia comunista. Corti è infatti convinto che in caso di rivoluzione rossa in Italia, la battaglia dovrà essere combattuta su tutti i fronti, compreso quello intellettuale.

Miles Christi

Eugenio Corti nella casa in Brianza
Eugenio Corti nella casa di famiglia in Brianza

Tuttavia, la crisi dell’azienda di famiglia mette a dura prova la sua vocazione alla scrittura, costringendolo a dedicarsi con più continuità agli affari, pur di essere di aiuto al grave bilancio familiare (difficoltà e battaglie socio economiche che saranno riportate con dovizia di particolari ne Il Cavallo rosso, attraverso la vicenda di Ambrogio). Superata pienamente la crisi economica, Corti torna alla propria missione di scrittore. Dagli anni Cinquanta in poi si dedica alla studio del Comunismo come tentativo ideologico di costruire una società contro l’uomo. Dopo aver scritto nei primi diari il resoconto di quanto accaduto sul fronte di guerra in Russia, decide ora di portare avanti «la trama del vero» attraverso scritti che possano mettere in luce in modo efficace la verità sugli orrori perpetrati dall’attuazione delle teorie marxiste. Il suo stile si evolve, il narratore della frontiera di guerra diventa trageda e cerca parole che possano incarnare, in un dialogo in stile classico, la nemesi comunista. Così Corti passa dall’urlo silenzioso dei soldati nei fossi sovietici al coro tragico, dalle oscene e scarnificate facce dei cadaveri dei gulag alle idealizzate maschere teatrali. Nasce la discussa, problematica, inaccettabile opera teatrale Processo e morte di Stalin, causa del primo vero ostracismo da parte degli intellettuali italiani e del sorgere di immediati barriere, issate in modo sistematico e premeditato dalla cultura di sinistra; e non solo. Iniziano per lo scrittore gli anni dell’isolamento e delle tensioni alimentate dalle sue posizioni anticomuniste, mal viste dalla dominante culturale: «Da l’Unità l’autore riceve addirittura l’accusa di essere un corruttore dei giovani attori, in quanto l’opera metterebbe a repentaglio le giovani psicologie» (Ag. Sa., Le prime, L’Unità, 4-4-1962, p.5). I giornali non danno eco a Processo e morte di Stalin se non per denigrare lo scrittore cattolico che di lì a poco verrà escluso dai grandi mezzi della comunicazione di massa. Ma Corti – miles Christi – non diventerà prigioniero della solitudine alienata dell’intellettuale moderno, frutto spesso del pregiudizio contro la Fede, bensì trasformerà la violenta contestazione culturale di cui è vittima in un isolamento proficuo, una sorta di nascondimento cristiano, esso stesso testimonianza del vero del quale si fa portavoce.

Trincee culturali

Corti non appare, non viene citato, ma i suoi scritti continuano a essere stampati e letti, andando anche oltre confine. Alla fine degli anni Sessanta inizia la stesura di quello che sarà il suo capolavoro: Il cavallo rosso, che diventa in breve un caso letterario «uno dei più significativi degli anni Ottanta» (F. Livi, Préface a E. Corti, Le cheval rouge, Lausanne-Paris, p. 8).
Mentre lavora al romanzo – circa dieci anni di scrittura e riscrittura – si impegna come attivista cattolico, combattendo da intellettuale contro l’introduzione del divorzio, lotta che gli insegna dolorosamente quanto nel dibattito politico e culturale valgano ormai più le suggestioni emotive e gli estremismi ideologici che le argomentazioni etiche, di valore, di buon senso. La battaglia per il divorzio è persa, Eugenio Corti ne analizza con rammarico le cause nei suoi numerosi interventi e articoli, ma il suo sguardo ottimista resta proiettato al futuro, al divenire, alle strade ancora da percorrere, alle nuove frontiere da conquistare riponendo fiducia nella Provvidenza. E ancora scrive; la sua granitica fede si disegna in quella suggestiva cura delle immagini che è parte integrante del suo stile narrativo più maturo e che raggiunge nelle ultime stesure dell’Opera maggiore l’immediatezza di una ripresa cinematografica, senza la retorica della finzione di un falso testimone, perché Corti è prima di tutto un testimone dichiarato, consapevole delle possibilità che gli sono state affidate e dell’alto compito della letteratura cattolica. Nel 2010 un popolo di lettori impetra la sua candidatura al Premio Nobel, ma Corti è uno scrittore «scorretto, inaccettabile, improponibile» e un riconoscimento così alto, pur fra i tanti civici che ha ricevuto, avrebbe spezzato l’inqualificabile silenzio che ha accompagnato la sua persona e la sua opera fino alla morte, il 4 febbraio 2014.

Leggi la prima parte

Leggi la seconda parte

Bibliografia

  • Eugenio Corti, Il cavallo rosso, Edizioni Ares, 2015.
  • Eugenio Corti, Processo e morte di Stalin, Edizioni Ares, 2010.
  • Eugenio Corti, I più non ritornano. Diario di ventotto giorni in una sacca sul fronte russo. Inverno 1942-1943, Ugo Mursia Editore, 2004.
  • Eugenio Corti, Gli ultimi soldati del re, Edizioni Ares, 2015.
  • Eugenio Corti, Io ritornerò. Lettere dalla Russia 1942-1943, Edizioni Ares, 2015.
  • Paola Scaglione, Parole scolpite. I giorni e l’opera di Eugenio Corti, Edizioni Ares, 2002.
  • F. Livi, Préface a E. Corti, Le cheval rouge, Lausanne-Paris.


Vania Russo

Vania Russo

Laureata in Lingue e letterature straniere e specializzata in Etnografia e Storia delle tradizioni popolari. Già freelance per diverse testate giornalistiche italiane, si interessa di cybercrime, storia dello spionaggio, storia e romanzo storico. Per diversi anni segue master e corsi di narratologia, specializzandosi nell’insegnamento della scrittura creativa e formandosi quale lettore editoriale ed editor professionista preso la Scuola Dumas. Dal 2007 organizza corsi di scrittura creativa e lancia nel 2017 la pagina facebook The Ghost Reader, coordinamento per scrittori e lettori. Collabora con diverse associazioni culturali e case editrici in qualità di correttore bozze ed editor. Dal 2017 collabora con Il Timone, Istituto di Apologetica. Ha all'attivo la pubblicazione di diversi romanzi con varie case editrici.

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