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La religione civile, tra egizi e pitagorici

Nel caso di Mazzini fu operata un’imbalsamazione (pratica egiziana) ma il suo preparatore era, strano a dirsi, un fautore dell’incenerizione e un pitagorico. Non possiamo sapere quale fosse il progetto iniziale di Achille Bertani, come cioè dovesse essere esposta la salma di Mazzini nel mausoleo di pietra. Disponiamo però del progetto dell’architetto incaricato Gaetano Grasso, in acquarello; rappresenta un tempio-mausoleo, sorretto da due colonne doriche e inscritto in un triangolo (Grasso ha ricevuto, a sua volta, sepoltura al cimitero Staglieno. La sua tomba rappresenta una roccia “la pietra grezza” dalla quale emerge il busto del defunto che stringe un fascio littorio, simbolo giacobino)..

Esposizione di santi laici

In un certo senso, si può concordare con Luzzatto e con Novarino che l’esibizione di Mazzini doveva anche opporsi a quella dei santi cattolici. Ma l’insensibilità, o la sensibilità del tutto nuova di quegli uomini legati ai vertici del Grande Oriente non aveva più nulla a che vedere con la pietà religiosa, con la pietà popolare della tradizione cattolica e la sua gestione della morte. Il progetto di fare di Mazzini una «statua di se stesso», di rappresentarlo, morto e pietrificato come se fosse vivo e continuasse la sua opera didattica alle genti, ricordava piuttosto il modo con cui l’occultista principe di San Severo, usando procedimenti ignori, «pietrificava» cristiani nel Settecento napoletano richiamandosi proprio ai principi egizi e pitagorici. 

Faraoni, mummie e spiritualità massonica

Mummia egizia con capelli

La mummificazione di Mazzini s’ispirava ai faraoni d’Egitto perché la terra del Nilo era la principale ispirazione spirituale della Massoneria sia di quella materialista che di quella spiritualista. E all’Egitto e alle sue mummie Gorini si richiama nel libretto edito in occasione del decennale della morte del «profeta», La conservazione della salma di Mazzini, del marzo 1873. La gestione della mummia fu iniziativa di un gruppo di alti dignitari e personaggi di spicco della Massoneria del Grande Oriente – Lemmi, Bertani, Gorini, Nathan (Gorini era legato culturalmente alla Massoneria per via di numerose amicizie, ma non vi sono prove che fosse iniziato alla “vera luce”. Secondo Carlo Dossi, anzi, non lo era: «5573. Gorini – Era sempre quasi sfornito di abiti perchè dava tutto per carità. Oggi i preti lo combattono collo sciocco pretesto ch’egli fosse “massone” mentre non lo era. Gorini invece fu sempre in buoni rapporti con moltissimi sacerdoti, specialmente Anelli e Vignati. (…) Concorse in varie opere di carità col vescovo di Lodi, Bersani. – Manzoni, a Gorini che offrivagli il suo libro, dicendo: forse, don Alessandro, vi troverà qualche cosa che non va completamente d’accordo colla storia del mondo secondo i cattolici, scuserà…, rispose: Chi non crede al progresso della scienza, non ha fede. È Manzoni che dedicò un suo volume a Gorini colle parole “A Paolo Gorini in segno di una ammirazione non dotta, ma non cieca” (…)» Simboli massonici sono però presenti sulla sua tomba). Non è affatto azzardato sottolineare quanto sia stato importante per la storia della Massoneria italiana il banchiere livornese Adriano Lemmi (1822-1906), figura di maggior spicco della «fratellanza» dell’intero secolo, a parte Garibaldi. Egli rappresentò le due principali famiglie massoniche presenti in Italia: il Grande Oriente, del quale fu Gran Maestro Onorario ad vitam e il Rito Scozzese di cui divenne Sovrano Gran Commendatore del Supremo Consiglio dei 33. Il prestigio di Lemmi è paragonabile a quello di Albert Pike per gli Stati Uniti. 

Verso una spiritualità civile

Francesco Crispi (1818-1901)

L’incenerizione era una pratica che i massoni influenti riservavano al «volgo» che in tal modo non avrebbe ingombrato i cimiteri con la propria lunga putrefazione, mentre i novelli Horus-Osiride e le altre deità egizie prese a modello del liberomuratore rinovellato dalla salita verso la Vera Luce, dovevano mostrarsi a lungo, se la scienza in perenne progresso avesse consentito l’impresa. In tal modo – qui tocchiamo il centro della bizzarra questione – avrebbero continuato a vivere in forma invisibile. Non sarà per questo motivo che gli eroi del Risorgimento, benché chiedessero sepoltura o incenerizione, come Mazzini o Garibaldi, venivano inevitabilmente «pietrificati» o «imbalsamati» dai loro amici? Per Crispi (massone pure lui), essi dovevano contribuire come esempi nella religione civile e laica. E lo Staglieno, Caprera e il Pantheon (dove riposava Vittorio Emanuele II) dovevano rappresentare altrettanti luoghi di pellegrinaggio (Luzzato S., op. cit., cit., p. 129. Si oppose Carducci che però, oltreché massone si sentiva romano e latino e all’imbalsamazione «egizia» preferiva la cremazione «latina»).

Una guerra occulta e occultata

Ma quali forme culturali, quali credenze, quali superstizioni persino premevano dietro alla mistica corporale e cadaverica di questi illuminati? Spingiamoci oltre e poniamo una domanda chiara: dietro all’ideologia imbalsamatoria dei Bertani o dei Prandini si celavano convinzioni «esoteriche» legate ad una qualche credenza di possibile sopravvivenza dei morti imbalsamati? Probabilmente si. Bisogna ricordare, a questo proposito, che tutti gli elementi dell’esoterismo massonico dei padri del Risorgimento, tutti anticristiani compreso Mazzini, sono stati accuratamente occultati dalla storiografia. Un vizio di occultamento che non è ancora concluso, il tutto per celare la guerra di religione che insanguinò l’Italia. Il progetto dell’imbalsamazione di Mazzini nacque all’interno di uno dei laboratori ideologici di quella guerra e dunque il significato di quell’evento andrebbe letto, senza mezzi termini, in chiave anti-religiosa e persino occultistica. Dobbiamo dunque verificare se è possibile trovare tracce di queste intenzioni al di sotto della patina di scientismo radicale e della religione civile. Torniamo al momento del viaggio del cadavere da Pisa a Genova. Dopo un viaggio spettacolare, e ferroviario, la salma di Mazzini ancora sottoposta a processo di imbalsamazione provvisorio e imperfetto arrivò a Genova il giorno 17, dove racconta la «Civiltà Cattolica»:

«la città si dovette comporre a lutto, e fin le navi in porto calarono la bandiera a mezz’asta; né più né meno che se dovesse giungervi il corpo del Re. Si era voluta allestire una cappella ardente all’uso pagano però, onde esporli alla venerazione dei divoti i resti del profeta; ma il cadavere putiva; e bisognò portarlo presto al cimitero Staglieno» (Cronaca contemporanea, cose italiane; apoteosi del Mazzini a Roma, a Firenze, a Genova e in altre metropoli d’Italia, 4 maggio, «La Civiltà Cattolica» (1872), p. 362).

Subito iniziò il lungo e solitario lavoro di Gorini per rendere presentabili (e non putenti) le spoglie dell’apostolo. Il suo successo sarà momentaneo: nel 1873 la folla riuscì a vedere brevemente il cadavere. Ma ormai il lavoro si era rivelato imperfetto, come sappiamo, e il cadavere andava velocemente guastandosi. Con il deperimento rovinoso dell’oggetto, fu giocoforza ripiegare verso una soluzione più comune, seppellendo Mazzini nel suo mausoleo. La mancata conservazione della mummia può spiegare anche perché non fu poi costruito quel triangolo di pietra, sorta di piramide, visibile nell’acquarello del progetto originario di Grasso. Ma al compimento dell’Unità italiana, Mazzini fu tirato fuori dalla sua tomba, celebrato alla luce del sole durante il solstizio d’estate e nuovamente seppellito. Vi è in tutto questo una scansione che può essere letta nella logica della comune cerimonialità laica (una possibilità che non abbandoniamo mai) ma anche in quella della liturgia sacra, propiziatoria, evocatoria. Una logica che è stata ben presente in alcune correnti della Massoneria, anche nel Grande oriente.

Continua…

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Bibliografia

  • Luzzato S., La mummia della repubblica. Storia di Mazzini imbalsamato, Rizzoli, Milano 2001.

  • Comba A., La cifra massonica del carbonaro Mazzini, giugno, «Hiram», 1990.

  • Gatto Trocchi C., Il risorgimento esoterico. Storia esoterica d’Italia da Mazzini ai giorni nostri, Mondadori, Milano 1996.

  • Bertani A., Lettera alla consociazione degli Operai di genova, in White Mario J., Agostino Bertani e i suoi tempi, vil. II, cap. XXI.

  • Ricci G., Il principe e la morte, Il Mulino, Bologna 1998, pp. 67-68.

  • Ariès P., L’uomo e la morte dal medioevo a oggi, Mondadori, Milano 1994.

  • Gestri L., Le ceneri di Piosa; Storia della cremazione. L’associazionismo laico nella lotta per l’igiene e la sanità (1882-1939), Nistri Lischi, Pisa 2001.

  • Novarino M., Un massone dimenticato. Gaetano Pini: medico, filantropo e cremazionista, in «Hiram», 2000.

Mario Arturo Iannaccone

Mario Arturo Iannaccone

Mario Arturo Iannaccone si è laureato in Lettere all’Università degli Studi di Milano, specializzandosi in Storia del Rinascimento. È romanziere e saggista. Insegna Scrittura Creativa all’Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia. Ricercatore storico e studioso di storia dell’immaginario e delle idee, ha pubblicato molti libri e centinaia di articoli, collaborando con mensili, settimanali e quotidiani.

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